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Lavoro ed immigrati, la via italiana all’integrazione

Il fenomeno immigrazione si è presentato in Italia negli ultimi anni in modo improvviso e rapido, venendo a rovesciare una situazione precedente del tutto opposta che vedeva il nostro paese interessato da un forte flusso di emigrazione. In queste condizioni v’era da temere che la reazione dei cittadini sarebbe stata caratterizzata da diffuse manifestazioni di rigetto per la carenza di preparazione e per i timori di una certa “concorrenza” tra immigrati e popolazione locale, in un mercato caratterizzato da una elevata disoccupazione.

Dobbiamo invece constatare come nel suo complesso la reazione della popolazione italiana sia stata di forte comprensione delle ragioni di questo fenomeno e ne siano scaturite azioni volte a favorire l’integrazione degli immigrati nel seno della società italiana. Certo, non sono mancati anche atti al limite del razzismo e non potevano non emergere anche strati di forze politiche avverse all’immigrazione, che cercano il consenso di quanti hanno paura dello straniero e che vorrebbero segregare questo fenomeno al mero atto di prestazione lavorativa a comando delle esigenze nazionali. Ma queste sono reazioni fisiologiche che, se rimangono limitate ai margini della società civile, non devono destare eccessive preoccupazioni.

Finora l’Italia ha accettato il flusso di immigrazione come una esigenza del nostro paese che ha un basso tasso di natalità e con una popolazione che progressivamente rifiuta di svolgere specifici lavori. Questo “bisogno” è stato un po’ l’alibi con il quale si è chiesto alla popolazione di accettare l’integrazione con immigranti provenienti da nazioni e culture diverse. Ma l’immigrazione non è solo un fenomeno di attrazione da parte di un paese che ha carenza di manodopera. Esso è anche – e sempre più – un fenomeno legato alla fuga dalla povertà e dalle persecuzioni da parte di gente che cerca legittimamente una vita migliore. Esso è anche – e sempre più – un fenomeno di ricongiungimenti familiari, di attrazioni di comunità intere, di voglia di migliorare in un mondo dove è sempre meno giustificato alzare delle barriere alle persone mentre si invoca la libertà di movimento dei capitali e delle merci.

Questa nuova realtà pone una esigenza di integrazione forte tra comunità diverse, ove gli immigrati accettino le regole del paese ove risiedono, ma dove anche il paese si apra alle esigenze di chi viene da altre culture, fino ad ammettere rappresentanze politiche a chi collabora alla vita economica civile del paese. L’integrazione può e deve essere un indirizzo di politica nazionale, ma essa si traduce essenzialmente in azioni a livello locale. Non è un caso se – come dimostra una ricerca del CNEL sulle attività delle forze sociali in Italia con riferimento alle iniziative per contrastare il razzismo, l’intolleranza, la xenofobia, la discriminazione nel mondo del lavoro – le principali attività volte a favorire l’integrazione degli immigrati avvengono a livello locale da parte di numerose associazioni di volontariato. Fra queste azioni spiccano quelle relative al mondo del lavoro messe in opera dalle forze sociali (associazioni di imprese e sindacati dei lavoratori) e volte alla tutela dei lavoratori ed alla predisposizione di strumenti e formule per favorire il loro inserimento nella vita civile del paese.

Queste azioni sono importanti non solo per il loro contenuto specifico, ma anche per la carica di responsabilità collettiva di cui esse sono testimonianza. Ne bisogna lamentarsi più di tanto della carenza di un attore nazionale: ciò che conta è che a livello locale si sviluppino azioni e coscienza. Partendo da queste esperienze sarà più facile poi costruire una politica nazionale fatta più di contenuti che di propositi. Non è un caso che, la dove le istanze locali sono state più forti, si sia anche pervenuti ad accordi più ampi in ambito regionale. Questo è il caso del Veneto, dove l’azione dei sindacati e delle associazioni di imprese ha favorito la sottoscrizione di un protocollo tra la Regione Veneto, gli enti locali e le forze sociali volto a favorire azioni mirate per l’integrazione degli immigrati.

Queste azioni mirate all’integrazione si rivelano preziose specie in momenti eccezionali, come l’attuale caratterizzato da tensioni militari che contrappongono paesi di culture diverse e che eccitano paure ataviche e fanno riemergere sopiti pregiudizi. Esse non sono forse sufficienti a dare una risposta completa alle mille esigenze di integrazione, ma rappresentano uno sforzo che darà i suoi frutti per costruire una società libera, ove il rispetto delle leggi si accompagni al rispetto delle persone.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 22 ottobre 2001

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