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Prezzi, gli odiosi rischi dei prodotti “low cost”

Lo chiamano stile di vita low cost e lo vendono come fosse l’ultimo grido del vivere quotidiano in tempi di crisi.
In realtà è solo un ottimo modo per risparmiare sugli acquisti quotidiani, purché però si tengano gli occhi ben aperti, ad evitare sorprese o fregature, sempre in agguato anche in tempi di recessione, come dimostrano le cronache di questi giorni.
Stiamo parlando dei prodotti a basso prezzo, una frontiera del consumo per la verità non nuovissima che oggi vive la sua stagione di successo, tanto che sei italiani su dieci – dati Censis – confessano che hanno acquistato o acquisteranno un prodotto a basso prezzo, portando a casa un risparmio che mediamente oggi è del 30% sui prezzi normali.
Un fenomeno, dunque, che comincia ad essere rilevante anche dal punto di vista macroeconomico dal momento che nel 2008 se ne sono andai per questi prodotti circa 55 miliardi di euro,il 3,5% del prodotto lordo nazionale, e le stime indicano che nel 2009 si supererà il 4%.
Ma cosa sono? E come nascono i prodotti “low cost”?
L’esordio avviene negli anni ottanta quando i libri a mille lire, copertina spartana e caratteri così minuscoli da rovinare la vista, raggiungono comunque l’apprezzabile obiettivo di avvicinare milioni di italiani con pochi soldi ed ancor meno cultura, ai grandi testi della letteratura, della storia e della filosofia. Poi, negli anni novanta, arriva il momento dei discount alimentari, nei quali milioni di italiani possono trovare prodotti mediamente di qualità accettabile a prezzi scontati anche del 40-50% rispetto ai prodotti di marca. Cosa che non guasta perchè sono gli anni dell’eurotassa e dei sacrifici che il paese deve sostenere per prepararsi all’ingresso nell’euro.
Oggi non siamo più ai tempi pionieristici e i prodotti low cost hanno dato origine ad una vera e propria filiera industriale low cost che copre praticamente ogni gamma dei consumi delle famiglie. Nessuno lo avrebbe immaginato solo dieci anni fa, ma in cima ai consumi low cost oggi ci sono le banche ed i loro conti correnti on line, poi i prodotti alimentari, l’abbigliamento, i viaggi aerei e la benzina mentre cominciano a guadagnare posizioni anche i farmaci (quelli equivalenti a quelli di marca ma senza fantasmagoriche confezioni e pubblicità) e si preannunciano ora anche le “griffe” low cost e le auto low cost.
Cosa nasconda questa euforia da basso prezzo lo sapremo realmente solo tra qualche tempo. Non si tratta naturalmente di beneficenza bensì di un nuovo mercato che l’industria ha scoperto e che tende a spostare i consumi degli italiani dal concetto di alta gamma ed alto prezzo a quello di basso prezzo e media qualità. Quel che è certo è che sullo sfondo si intravedono grandi opportunità positive ma anche grandi rischi.
Intanto va detto che, nonostante gli sforzi dell’industria diretti a diffondere questo tipo di acquisti minimalisti ed essenziali come il nuovo stile di vita nel tempo della sobrietà, il mercato è ancora prevalentemente fatto da chi ha difficoltà ad arrivare a fine mese: si tratta di un quarto delle famiglie italiane, 4 milioni di persone, prevalentemente anziani ultra settantacinquenni, quarantenni con figli, extracomunitari, dice l’Istat. Per costoro, più che uno snobismo da post-ricchi, risparmiare e acquistare prodotti a basso costo è una necessità.
E quindi vanno difesi mettendo in chiaro innanzitutto che acquistare prodotti a basso costo non significa rassegnarsi anche alla bassa qualità o peggio agli scarti.

Sono degni di essere definiti prodotti low cost solo quelli realizzati da aziende di tipo nuovo, che introducono modi di produrre innovativi, nuove tecnologie, differenti ed atipici modelli di distribuzione, avanzati metodi di pubblicità, più internet e meno tradizione, e che proprio grazie a queste caratteristiche possono abbassare i prezzi mantenendo inalterata la qualità.
Imparare a riconoscere questi prodotti, diventa così il miglior modo per incoraggiare l’innovazione in Italia ma anche difendersi da chi, nascosto dall’etichetta del low cost, vende in realtà il peggio proprio a chi è meno in grado di difendersi perché in stato di necessità.

Fonte: 23 giugno 2009

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