La trappola scolastica Il grande affollamento nei licei e nei ginnasi troppo spesso diventa il preludio a «lauree deboli» che non preparano il futuro Ora un Open Day per gli Istituti Tecnici.
Nei treni quando è indispensabile fermare la corsa si ricorre all’ allarme. Nelle società moderne purtroppo non ci sono marchingegni analoghi e così rischiamo di andare verso la stazione sbagliata senza poter cambiar percorso. Fuor di metafora nell’ Italia dei paradossi nei prossimi anni – lo conferma il Cnel – serviranno 2,5 milioni di tecnici, circa un milione in più rispetto al passato. Quindi non sono solo posti che vanno a rimpiazzare il turn-over ma sono aggiuntivi. Il guaio però è che quei tecnici noi non li avremo, non saremo in grado di dare alla nostra industria le munizioni che chiede per salire di gamma, terziarizzarsi e rendere più competitivo il made in Italy. In un Paese a basso tasso di occupazione come il nostro avere i posti di lavoro e non poterli coprire, forse più che un paradosso è una sciagura. Quindi fermiamola. La realtà è che mentre il mercato del lavoro e le aziende guardano da una parte, i giovani e le famiglie guardano da un’ altra. I primi chiedono tecnici, i secondi mandano massicciamente i loro figli al liceo. Nell’ anno scolastico che si aprirà tra poche settimane al liceo Manzoni di Milano le matricole del quarto ginnasio saranno così numerose (circa trecento) che dovrà essere istituita la sezione M. I quartini, come vengono chiamati in gergo i neoliceali, diventeranno in un colpo solo il 30% dei manzoniani a dimostrazione di come la tendenza alla licealizzazione sia ancora in fase ascendente nonostante le voci contrarie e i pentimenti di chi l’ aveva professata. Certo per ragionare in termini generali occorre avere un quadro completo delle iscrizioni e non un singolo caso ma la verità è che agli occhi dei giovani studenti i licei splendono mentre gli istituti tecnici paiono altrettante caienne formative, tutt’ al più parcheggi per adolescenti sconsolati. I licei ogni anno organizzano sull’ esempio delle scuole americane l’ «open day», una presentazione in grande stile della scuola, spesso coinvolgendo gli studenti che già la frequentano e che di conseguenza diventano i più credibili testimonial del loro istituto. Cosa accade negli stessi giorni negli istituti tecnici? Purtroppo in Italia non c’ è nessuno o quasi che abbia un quadro preciso della situazione, che elabori standard qualitativi su queste scuole, che li monitori, che ne vagli la relazione con la comunità produttiva circostante. Figuratevi se si pensa ad organizzare un «open day» degno di questo nome! Se questa è la situazione bisogna fare qualcosa. Perché anche la licealizzazione ha il suo lato amaro. Alla fine del quinquennio, dopo una selezione che comunque si è fatta più stringente, molti dei diplomati finiscono per scegliere le cosiddette lauree deboli, ovvero conquistano – spesso a costo di grandi sacrifici da parte delle loro famiglie – titoli di studio che non sono spendibili sul mercato del lavoro e che hanno una pura funzione ornamentale. Sono dei poster. Quei giovani hanno studiato per mettersi in tasca una moneta che non può comprare il posto a cui aspirano. E così la spirale liceo-laurea debole-disoccupazione finisce per ingrossare l’ esercito di quelli che Giuseppe De Rita chiama «i qualcosisti». Ma a noi servono 2,5 milioni di tecnici qualificati. La domanda del profano allora diventa: possiamo fare qualcosa per evitare che gli effetti negativi di questa spirale si dispieghino fino in fondo? Possiamo fermare questo treno in corsa che ci sta portando in una stazione sbagliata? Non si può già da settembre accendere la luce sugli istituti tecnici, preparare un rapporto conoscitivo da sottoporre alle forze del lavoro e subito dopo elaborare un programma per rilanciare le iscrizioni territorio per territorio? Un Paese del G8 dovrebbe evitare di rassegnarsi a veder rottamate le speranze dei suoi figli.
Quei Posti Perduti (e i Tecnici Introvabili)
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