Come è possibile che una stima della disoccupazione possa oscillare fra l’8,5 e l’11%? Quest’ultima è una cifra ottenuta con “criteri esoterici”, come sostiene il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi? Quell’8,5% certificato da Eurostat è una cifra indiscutibile?
In realtà sulle definizioni di “occupato” e “disoccupato” ci sarebbe da discutere, e non poco. Per una breve trattazione delle definizioni rinviamo a questa scheda 1, ma qui vogliamo ricordare che viene considerato occupato chiunque abbia dichiarato di aver lavorato per almeno un’ora retribuita nella settimana precedente l’inchiesta. Se vostra figlia adolescente ha fatto occasionalmente la baby sitter ai vostri amici che andavano a teatro e loro l’hanno compensata con 10 euro, se dovesse capitare tra gli intervistati dell’inchiesta farebbe crescere il numero degli occupati. Questa definizione deriva da un regolamento europeo, quindi non si può contestare all’Istat di utilizzarla, perché non potrebbe fare altrimenti. Ma un regolamento europeo non è il Vangelo, e comunque non c’è niente di sbagliato a utilizzare anche altri metodi se servono a mettere in evidenza aspetti rilevanti di quello che succede.
Altrettanto discutibile è la definizione di disoccupati, che vengono considerati tali solo se nei trenta giorni precedenti all’indagine hanno svolto almeno una effettiva attività di ricerca del lavoro (come iscriversi nelle liste di disoccupazione, sostenere un colloquio con una azienda, ecc.). Se non l’hanno fatto si presuppone che non vogliano lavorare, quindi non vengono più considerati in quella categoria.
Da qualche anno, però, si è cominciato a studiare il fenomeno degli “scoraggiati”: vengono così definiti coloro che vorrebbero in realtà lavorare, ma vedono così nero che non fanno più nulla per riuscirci, e aspettano probabilmente tempi migliori per ricominciare a cercare. L’Istat li rileva, anche se poi vengono conteggiati nelle “non forze di lavoro”.
La Banca d’Italia, dunque, non ha fatto altro che aggiungere al numero dei disoccupati ufficiali quello degli scoraggiati, e poi anche le unità di lavoro (vedi sempre la scheda) che derivano dal computo delle ore di cassa integrazione. Un cassaintegrato è considerato fra gli occupati, ma anche questa è una scelta formale: la sostanza è che chi è in quella situazione non sta lavorando, anche se riceve un sostegno monetario.
Nulla di “esoterico”, dunque, nel metodo usato da Bankitalia: si tratta soltanto di una valutazione che cerca di andare oltre le definizioni formali per avere una rappresentazione più efficace della realtà.
Il mistero dei disoccupati oscillanti
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