Solo un anno e mezzo fa le banche italiane erano sotto accusa per aver chiuso i rubinetti del denaro alle imprese e alle famiglie. Per stanarle il governo chiese ai prefetti di farsi interpreti degli interessi popolari e di monitorare i flussi di credito. L’ esperienza si è chiusa formalmente a fine settembre 2010 e ha lasciato alla storia solo una ricca e gustosa serie di aneddoti sulle tecniche di sopravvivenza dei prefetti. Passata la nottata le istituzioni bancarie hanno ripreso a fare iniziativa e siamo arrivati al rovesciamento dei ruoli. Oggi la politica quantomeno balbetta e sono diventati Banca d’ Italia e Abi gli alfieri della questione sociale. Ieri il Governatore Mario Draghi ha chiesto al governo di stabilizzare i lavoratori precari ed è presso l’ Associazione bancaria – e non a Palazzo Chigi – che si sta negoziando il nuovo patto sociale per la competitività. I politologi parleranno di «nuova supplenza», ma ci si può accontentare di dire che l’ Italia non finisce di stupire. Non è certo la prima volta che la Banca d’ Italia interviene sui temi dell’ esclusione giovanile e l’ apartheid del mercato del lavoro. Nelle sue Considerazioni finali il Governatore ha sempre sottolineato la necessità e l’ urgenza di riformare gli ammortizzatori sociali. Di recente è intervenuto anche a correggere le cifre governative sulla disoccupazione che, a detta di Palazzo Koch, considerando cassaintegrati e inattivi raggiunge quota 11%. Ieri, commemorando il grande economista Giorgio Fuà, Draghi ha focalizzato la condizione dei precari e ha sostenuto che bisogna dar loro una prospettiva per evitare «l’ indebolimento dell’ accumulazione di capitale umano». Più sorprendente, se vogliamo, è la metamorfosi dell’ Abi. Chi poteva prevedere che la casa dei banchieri diventasse il luogo della concertazione? I bene informati raccontano che l’ idea di tenere le riunioni all’ Abi sia stata concordata dal presidente Giuseppe Mussari e da Emma Marcegaglia per coinvolgere sia Carlo Sangalli (portavoce unico di Rete imprese Italia) sia la Cgil che non avrebbero gradito di tenere le riunioni in viale dell’ Astronomia. Detto questo, come spesso è accaduto per i tavoli della concertazione, il tutto sarebbe potuto sfociare solo in una bella foto di gruppo e amen. Invece no. Mussari ci si è messo di impegno e dopo la prima seduta sono stati creati sette sottogruppi di approfondimento e una sinergia tra centri studi bancari e industriali. Un vero e proprio lavoro di squadra. Il sottogruppo più delicato, e dal cui successo deciderà il bilancio finale dell’ operazione, è quello sulla produttività e a coordinarlo è proprio un dirigente Abi. Insomma se nel 2009 i banchieri erano messi all’ indice per la scarsa sensibilità verso i problemi dell’ economia reale, ora sono loro a indicare le priorità e a concorrere per elaborare soluzioni di sistema. Quattro dei sette sottogruppi hanno già terminato il lavoro e steso i documenti, i restanti tre stanno lavorando sodo perché l’ obiettivo è chiudere tutto tra novembre e dicembre. Le consultazioni procedono spedite anche grazie al fatto che avviene tutto al riparo dalle telecamere e concedendo poco ai riti della concertazione vecchio stile. I nodi di merito sono sostanzialmente due. Saranno capaci banchieri, imprese e sindacati di concordare soluzioni che non richiedano più spesa pubblica? Perché mettersi d’ accordo per far pagare Pantalone è troppo facile e il ministro Maurizio Sacconi ha già avuto modo di sottolinearlo maliziosamente. A parole i protagonisti del tavolo sostengono di non volere nemmeno un soldo: per sapere se sono sinceri basterà aspettare qualche settimana e leggere i sette punti. Il secondo nodo riguarda il rapporto con la Cgil. L’ asse Mussari-Marcegaglia è finalizzato a far rientrare in partita il sindacato di Susanna Camusso e ci sono buone possibilità che ciò riesca. Non a caso si è tenuto fuori della porta il tema che sarebbe stato foriero di divisioni, la Fiat, ma ci vorrà comunque l’ okay convinto di Cisl e Uil. Una volta chiusa l’ esperienza del tavolo sulla competitività i banchieri non hanno intenzione di fermarsi. Intendono rafforzare la loro rappresentanza e l’ ipotesi che circola è di riprendere i rapporti con l’ Ania ma anche con l’ Assogestioni. Potrebbe nascere, dunque, un nuovo soggetto destinato a parlare a nome di tutta l’ industria finanziaria. E potenziale alleato di imprese e sindacati.
Fonte: Corriere della Sera del 6 novembre 2010Ora le banche si occupano di welfare
L'autore: Dario Di Vico
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