Negli Usa Il manager: la Fiom ha un punto di vista che non condivido minimamente-La newco Fiat nasce fuori da Confindustria, poi rientrerà con la federazione Il manager «Senza intesa con i sindacati niente investimenti». «La Fiat deve molto all’ Italia? Discorsi che non riesco a capire»
L’ incontro Marcegaglia-Marchionne in terra americana ha partorito un’ ipotesi di accordo: Fiat resta in Confindustria, ma la «new company» Fiat-Chrysler che gestirà l’ impianto di Mirafiori nascerà fuori dal perimetro della confederazione degli industriali. Potrebbe rientrarvi se arrivasse Federauto e un contratto specifico per il settore automobilistico. Che questa sia la soluzione sulla quale si sta lavorando lo ha annunciato ieri di prima mattina, a New York, la stessa Emma Marcegaglia prima dell’ inizio dei lavori del Consiglio per le relazioni Italia-Usa durante il quale Sergio Marchionne, che guida l’ organizzazione assieme al banchiere americano David Heleniak, ha chiesto a bruciapelo alla presidente di Confindustria, davanti a una platea di imprenditori dei due Paesi, perché un investitore straniero dovrebbe scommettere sull’ Italia. «Perché è un grande mercato e perché è un Paese pieno di gente di talento» è stata la risposta della Marcegaglia. Che non ha convinto del tutto l’ amministratore delegato di Fiat e Chrysler. In un intervallo dei lavori, commentando le reazioni negative di alcune organizzazioni sindacali all’ ipotesi di contatto separato per l’ auto, Marchionne ha scosso la testa: «Tira una brutta aria. L’ intransigenza che abbiamo visto andrà a bloccare lo sviluppo del Paese». E poi, dopo aver ribadito che senza accordo non ci saranno investimenti a Mirafiori e la produzione andrà altrove, a chi gli chiedeva della Fiom, ha risposto che «fanno dichiarazioni all’ impazzata, hanno un punto di vista che non condivido minimamente, zero». Il contratto dell’ auto, ha spiegato ancora Marchionne, è la cosa di cui abbiamo bisogno per andare avanti: la Fiat è una multinazionale che deve essere competitiva sui mercati internazionali. Ma anche l’ Italia ha questo problema. E se la Marcegaglia parla di grande mercato e di talenti, Marchionne nota che ormai in giro per il mondo di mercati più grandi del nostro ce ne sono ormai parecchi, a partire dall’ America: 320 milioni di abitanti e talenti in quantità. «Dobbiamo aprire questo nostro Paese», ha aggiunto il capo del Lingotto, «farlo uscire dal tunnel, spingerlo a battersi sul piano internazionale. Ma al momento di mettersi in gioco, tutti si tirano indietro». Chi? I sindacati, la Confindustria, il governo? «La Confindustria ci sta provando. Il governo deve aiutare solo quando necessario. Come ha fatto qui in America. Ha salvato, poi ha rivenduto le azioni Gm e si è tirato indietro. Spero anch’ io di rimborsare il Tesoro l’ anno prossimo. I sindacati frenano. Si è parlato molto ma la cosa più offensiva che ho sentito è che stiamo impattando sui diritti dei nostri lavoratori. È gente della Fiat, non vogliamo certo ridurre la qualità della loro vita». Marchionne è un fiume in piena: «Ieri sera», racconta, «un commensale mi ha detto: lei non lascerà mai l’ Italia, dovete troppo al Paese. Sono discorsi che non riesco a capire». Quando qualcuno accenna alle politiche che in passato sono state fatte a favore della Fiat l’ amministratore delegato replica chiedendo se i suoi interlocutori sanno quanto sono vaste le concessioni fatte negli anni dal governo tedesco alla Volkswagen. Ma la «newco» per Mirafiori è un caso isolato o sarà riproducibile? «E chi può dirlo oggi?» replica Marchionne con un mezzo sorriso. «La realtà del mercato corre veloce, le esigenze cambiano con ogni nuova vettura. E ogni nuovo modello può richiedere una “newco”». È tempo di riprendere i lavori del convegno e dopo i «panel» sull’ impatto delle elezioni di «mid term» sulla politica Usa e quello sulla crisi dei debiti sovrani e del debito pubblico americano in particolare (con interventi, tra gli altri, di Tommaso Padoa-Schioppa, Gianni Riotta e dell’ ex ambasciatore Usa Ronald Spogli), tocca proprio a Marchionne salire sul palco per raccontare la sua esperienza: la missione difficile ed esaltante di «unire due società, due mondi, due culture aziendali» usando il collante della «sfida comunque che unisce Fiat e Chrysler». Il manager italocanadese non ha nascosto le difficoltà dell’ impresa né le incognite di una situazione economica che negli Usa e in Europa resta molto precaria. Nonostante ciò, ha descritto quello attuale delle ristrutturazioni come un momento esaltante nel quale si ha la possibilità di dimostrare lungimiranza e capacità di leadership «costruendo il futuro mattone per mattone». Marchionne, poi, non ha rinunciato a mettere a confronto ancora una volta «il coraggio degli Usa con la riluttanza italiana» e dopo aver ribadito che chi vuole resistere sui mercati deve lavorare duro, ha chiuso con una citazione di Jean-Paul Sartre: «Solo chi non rema ha il tempo scuotere la barca». Ascoltate le parole di Marchionne che erano state precedute da un’ esposizione della Marcegaglia sui problemi irrisolti, ma anche sulle molte opportunità offerte dall’ Italia «quinta potenza manifatturiera mondiale», ed ascoltata la diagnosi (più pessimista sul nostro Paese) dell’ ex ambasciatore Usa Ronald Spogli, è tempo del pranzo conclusivo. Animato, ma a porte chiuse, da un’ analisi sull’ evoluzione della situazione finanziaria e il perdurare di alcuni nodi di crisi da parte del governatore della Banca d’ Italia Mario Draghi.
Patto Marchionne-Marcegaglia Nuovo contratto, si a Federauto
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