«Non ho problemi a parlare di Sergio Marchionne. Le dico che il suo sforzo va sostenuto senza se e senza ma perché sta cercando di smuovere le acque. Giudico subito la Fiom totalmente fuori dal tempo».
Giorgio Guerrini è presidente della Confartigianato ma dall’ 1 gennaio ricopre un altro incarico: portavoce unico di Rete Imprese Italia, la federazione delle cinque associazioni del commercio e dell’ artigianato nata dal patto del Capranica.
In un’ economia-mondo, argomenta Guerrini a proposito di Marchionne, non possiamo pensare di tenere in piedi vecchi rapporti rigidi, pena la scomparsa dell’ industria dell’ auto dall’ Italia.
«E quindi non posso che fare il tifo perché i lavoratori di Pomigliano, dopo tre anni di cig, sottolineo tre anni, ricomincino a lavorare e a guadagnare».
I Piccoli che si schierano con la Fiat è a suo modo una notizia e si spiega con il fatto che stavolta il gruppo torinese si batte per il suo futuro, le dà/le prende e non si limita a sfruttare la tradizionale rendita di posizione di cui ha goduto nel sistema Italia. Il bilancio dei primi otto mesi di Rete imprese Italia per Guerrini è positivo.
Non lo dice ma pare condividere, almeno in materia di rappresentanza, il vecchio adagio che recita «chi va piano, va sano e va lontano». Le istituzioni, la politica e i sindacati hanno apprezzato l’ operazione «sì, tutti, anche la Lega» e hanno incoraggiato le cinque organizzazioni ad andare avanti.
«Ora il passaggio che ci aspetta è quello di estendere la formula dell’ unità sul territorio e dedicherò una buona parte del mandato di portavoce proprio a questo obiettivo. Faremo una specie di road show lungo l’ Italia».
Intanto però il 31 gennaio scade l’ intesa sulla moratoria dei debiti che nell’ estate 2009 consentì alle Pmi di tirare il fiato e in molti casi di non chiudere i battenti. Cosa chiederà Rete imprese Italia all’Abi?
«Dalle banche vogliamo maggiore flessibilità, non si può governare il credito con gli algoritmi. Quindi nessun automatismo in un senso e nell’ altro ma ci interessa una reale evoluzione della cultura del credito, capace a questo punto di capire i problemi del territorio».
E il fatto che Unicredit abbia ripensato interamente il proprio modello organizzativo è un segnale per Guerrini che il cambiamento è possibile e che in qualche maniera «avevamo ragione».
Fortunatamente questa discussione sul credito avviene in un contesto diverso rispetto a 18 mesi fa, «le aziende non rischiano di chiudere, l’ emergenza è passata e quindi si può ragionare con maggiore freddezza e quasi quasi programmare il rapporto tra i Piccoli e le banche oltre la mera scadenza della moratoria».
I Confidi, intanto, hanno egregiamente svolto il loro ruolo di fornitori di garanzie ma Guerrini non pensa di ampliarne il raggio d’ azione, «già sono in tanti a erogare credito». Visto che Rete imprese Italia comincia a darsi un orizzonte di lavoro a lunga gittata diventa obbligatorio parlare di aggregazioni.
O meglio di non aggregazioni perché le fusioni non si vedono nemmeno a pagarle e le nuove reti di impresa in Italia sono ancora troppo poche non arrivano a 50 per essere ottimisti e non si fanno veri passi in avanti per crescere dimensionalmente.
«Ha ragione ma aggiungo che c’ è bisogno di una spinta per favorire le aggregazioni. Serve un provvedimento ad hoc, che affermi l’ inderogabilità del principio delle reti. E le assicuro non sto facendo la questua, non chiedo solo questo o quell’ incentivo, sto parlando di politica industriale».
In tanti in verità parlano di politica industriale ma nel 2010 è stato solo l’ export a tirarci parzialmente fuori dai guai o comunque a impedire il disastro.
I Piccoli riescono a sfruttare i nuovi mercati come Cina e India oppure è solo terreno per l’ iniziativa delle multinazionali del made in Italy?
«Si ricordi che dietro il successo di una big c’ è sempre una filiera che rende possibili certi exploit – risponde Guerrini -. E per questo avremmo bisogno che la legge Reguzzoni-Versace sulla tutela del made in non fosse sconfessata. L’ Italia davanti ai dubbi delle autorità di Bruxelles si è arresa e per noi è stata una grande delusione. Eppure in passato per garantire quattro allevatori il governo non aveva avuto timore di sfidare la Ue!».
I primi contatti con il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, sono stati positivi e «proprio a proposito di export gli abbiamo suggerito di utilizzare meglio il sistema delle Camere di commercio con le quali abbiamo un rapporto sicuramente migliore che con l’Ice».
Ma il provvedimento al quale Rete imprese Italia guarda con maggiore trepidazione dipende dalle scelte di un altro ministro, Giulio Tremonti. «Ci siamo trovati a novembre per discutere di riforma fiscale ma poi sembra che il film sia già finito. Noi di elezioni anticipate non vogliamo nemmeno sentir parlare e ci aspettiamo invece che la pressione fiscale sulle imprese cali. Oggi quella reale è attorno al 55%, come si fa ad andare avanti così?».
Molto deciso nelle rivendicazioni Guerrini è anche altrettanto aperto a nuove sperimentazioni sul terreno del welfare che vengano incontro alle difficoltà di budget dello Stato. «Penso che ci siano le condizioni per creare un sistema mutualistico territoriale che prenda spunto dalle mutue Artigiani di trenta anni fa. Lo Stato non può far tutto e la società si deve far carico di sostenere il welfare e in parallelo di ridurre gli sprechi».
L’ ultima battuta è per i «cugini» della cooperazione che proprio nel mese di gennaio vareranno la loro Operazione Capranica unendo le tre grandi centrali cooperative italiane.
Commenta Guerrini: «Siamo contenti di aver aperto la strada. La semplificazione della rappresentanza può servire a ridare fiato allo sviluppo. Il mondo cooperativo già svolge un ruolo importante e sicuramente si rafforzerà. Non ha più senso dividersi tra bianchi e rossi…»
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