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Addio alla “zona grigia” sul lavoro che stanca

Tutte le riforme pensionistiche degli ultimi vent’anni hanno sempre previsto delle norme rivolte a disciplinare i cosiddetti lavori usuranti. Fin dalla legge Amato del 1992 furono salvaguardati dei limiti di età pensionabile più ridotti rispetto a quelli canonici di vecchiaia (65 anni per gli uomini e 60 per le donne) in ragione dell’attività svolta per gli appartenenti alle Forze Armate e di Polizia, nonché per i Vigili del Fuoco, gli iscritti al Fondo Volo, il personale viaggiante FS e autoferrotranvieri, i lavoratori dello spettacolo, gli sportivi e gli allenatori professionisti. Nel caso di lavorazioni esposte all’amianto si applicò – con riferimento agli aspetti pensionistici – una disciplina specifica (che riduceva il requisito contributivo con criteri di proporzionalità rispetto agli anni di esposizione) operante anch’essa dal 1992 e successivamente rivisitata in termini più restrittivi.
Quanto ai lavori usuranti in senso stretto, la materia è stata regolata – citiamo solo gli atti principali – dal dlgs n. 374/1993, dalla Circolare interministeriale del 19 maggio 1999 (che aveva recepito le indicazioni di una commissione tecnico-scientifica istituita dalla legge n.449/1997), dall’articolo 78 della legge n.388/2000, la Finanziaria per il 2001. La relativa tutela prevista (ampiamente rivisitata dalla legge n.335/1995) si applicava tanto ai dipendenti, privati e pubblici, quanto agli autonomi e consisteva nell’anticipo dell’età pensionabile in ragione di un anno ogni dieci di impiego in attività usuranti fino ad un massimo di 24 mesi.
Per le pensioni liquidate solo col metodo contributivo, i vantaggi previsti erano ancora maggiori: il lavoratore poteva scegliere l’applicazione del coefficiente di trasformazione corrispondente all’età anagrafica all’atto del pensionamento, aumentato di un anno ogni sei di lavoro usurante; oppure poteva utilizzare tale periodo per l’anticipazione dell’età pensionabile fino al massimo di un anno rispetto al normale accesso. Nel caso di lavori particolarmente usuranti (già individuati dal dlgs n. 374/1993 nel lavoro notturno continuativo, alle linee di montaggio, con ritmi vincolati, in cave, gallerie, serre, spazi ristretti, ecc.) erano ridotti fino a un anno anche i requisiti di età anagrafica della pensione di anzianità.
Per questi ultimi casi, contraddistinti da particolari condizioni di disagio, intervenne – una tantum e nei limiti di uno stanziamento di 250 miliardi di vecchie lire – la Finanziaria del 2001, permettendo a oltre 6mila lavoratori, adibiti a mansioni particolarmente usuranti, di avvalersi degli sconti previsti. L’unica “zona grigia” rimasta, dunque, era quella relativa alla definizione dei lavori (non particolarmente) usuranti. Queste norme sono sempre rimaste sulla carta. La spiegazione va cercata nelle modalità di copertura (indicate dalla normativa) consistenti nell’individuazione di un’aliquota contributiva aggiuntiva, definita secondo criteri attuariali e raccordati all’anticipo di età pensionabile.

Fonte: Sussidiario.net del 3 marzo 2011

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