Quando, a ridosso delle recenti manifestazioni dei giovani precari (sponsorizzati dalla Cgil), latrojkaIchino-Montezemolo-Rossi ha rimesso a punto, sul Corriere della Sera, la proposta che, nella letteratura in materia, è definita «contratto di lavoro unico a tempo indeterminato con tutela differenziata», non si aspettava di annoverare tra i sostenitori nientemeno che la terza carica dello Stato. Intendiamoci, quando si affrontano i temi del mercato del lavoro è sbagliato (lo ha rilevato Il Foglio) non accorgersi dei piccoli passi che vengono compiuti da settori dell’opposizione che tentano di sganciarsi da una cultura conservatrice, tuttoraegemone, nellasinistrapolitica e sindacale. Così, è bene prendere atto con favore che, nel loro articolo, Ichino, Montezemolo e Rossi invitavano i giovani a non cercare una prospettiva di stabilità nella scuola e nella pubblica amministrazione dove, comunque vadano le cose nei prossimi anni, non si spalancheranno mai più le porte d’accesso come nel passato. Anche Fini e Fli aprono ad una revisione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che costituisce certamente uno dei motivi principali del dualismo esistente nel mercato del lavoro. L’aspetto discutibile di tale fervore di iniziative è un altro: l’idea di ricondurre ogni tipologia di rapporti lavorativi nella fattispecie del contratto alle dipendenze a tempo indeterminato (sia pure con un modulo di tutela graduale e crescente, a sanzione del recesso ingiustificato da parte del datore) fa a pugni con la realtà concreta dell’organizzazione del lavoro. Quale senso avrebbe, infatti, abolire il contratto a termineoa progetto (o quant’altro) come se tutte queste forme fossero fasulle ed arbitrarie? Perché un albergatore della costa romagnola dovrebbe stipulare un contratto a tempo indeterminato con un cameriere di cui ha bisogno soltanto per la stagione estiva? E se un ristoratore avesse il problema di ospitare un matrimonio in una «maledetta domenica» come potrebbe assumere un cameriere di rinforzo? Avvalendosi del «lavoro a chiamata» oppure assumendolo a tempo indeterminato per un giorno? E che dire delle collaborazioni a progetto? Del resto, l’ipotesi caldeggiata dalla trojka e da Gianfranco Fini non risolverebbe comunque il problema di assicurare l’agognata stabilità. Per un certo numero di anni non sarebbero previste tutele, poi si passerebbe ad una protezione di natura risarcitoria ed infine ad una di carattere reale (con tanto di reintegra per via giudiziaria). Chi potrebbe impedire al datore di lavoro di risolvere il rapporto prima che si passi ad un livello superiore di tutele? Il contratto che si vuole introdurre, dunque, non potrebbe mai essere unico, perché non sarebbe in grado di dare risposte concrete a situazioni specifiche. Al limite, potrebbe costituire una revisione del contratto a tempo indeterminato: ma ha un significato ipotizzare un percorso tanto macchinoso quando basterebbe un’oculata e realistica riforma dell’articolo 18 allo scopo di salvaguardare, anche con la reintegra, i licenziamenti di carattere discriminatorio, consentendo negli altri casi solo un adeguato risarcimento del danno? “
Fonte: Libero del 14 aprile 2011Certe riforme del lavoro si fanno solo sulla Luna
L'autore: Giuliano Cazzola
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