• venerdì , 22 Novembre 2024

Legali o rimandati a casa

Mentre slitta la riforma di Schengen per mancanza di interesse, l’Italia risponde a Bruxelles e giura d’essere pronta ad assumersi ogni responsabilità nei confronti dei 25 mila immigrati di Lampedusa ai quali ha consegnato in aprile un permesso di soggiorno e un titolo di viaggio.
Legalizzare i legalizzabili e spedire a casa gli altri.
L’Italia risponde a Bruxelles e giura d’essere pronta ad assumersi ogni responsabilità nei confronti dei 25 mila immigrati di Lampedusa ai quali ha consegnato in aprile un permesso di soggiorno e un titolo di viaggio. Fra cinque mesi, quando i discussi documenti diverranno carta straccia, il ministero degli Interni farà la conta e valuterà cosa fare dei nuovi sans papier. Di quelli che saranno rimasti, almeno, visto che il grosso potrebbe per allora essere integrato fra i 500 mila tunisini che vivono con pieno diritto in Francia.
Tre settimane fa la Commissione Ue ha scritto ai servizi del ministro Roberto Maroni per chiedere informazioni sulla natura dei documenti assegnati ai migranti in fuga dalla Libia in guerra, interessata a capire la loro compatibilità col Trattato di Schengen, oltre che ad avere informazioni sul destino che attende i migranti legalizzati per decreto. La risposta del Viminale è arrivata, quasi scontata per la sua seconda parte, e aperta per la sua prima. Sui permessi di viaggio, infatti, l’Italia ha reiterato la sua linea, affermando di essere nella legalità. Costruita, si sottolinea a Bruxelles, «sui buchi del sistema legislativo».
E’ una delle lacune di Schengen che Bruxelles si era già messa in testa di correggere. La disputa italofrancese, insieme con le pressioni del Nord europeo, ha spinto la commissaria per l’immigrazione, Cecilia Malmstroem, ad accelerare il passo di una riforma già programmata. Nel Pacchetto Immigrazione del 4 maggio la svedese ha aperto alla revisione del Patto che abolisce le frontiere, suggerendo una comunitarizzazione dei processi di reintroduzione dei controlli di confini «in modo da evitare che ogni paese faccia da solo». Proprio questo, col senno di poi, ha convinto più di una capitale (Parigi e Copenaghen in testa) a fare forza perché il piano sia rinviato almeno di un po’.
Strano, ma vero. «Ci sono manovre degli stati sul Consiglio e del Consiglio sulla Commissione», svela una fonte europarlamentare. «Il dossier non è in caledario», spiega il portavoce della Malmstroem. Di date non se ne fanno. «Meglio dopo il vertice Ue del 24 giugno – dicono nei quartieri dei deputati Ue -. Van Rompuy non vuole altre beghe, sopratutto ora che in molti si sono accorti che è più facile chiudere le frontiere con le norme vigenti», non si deve negoziare a Bruxelles. Meglio aspettare, è il messaggio dell’ultimo momento che somiglia a «meglio non far nulla». La riforma slitta, insomma, nonostante i proclami.
La realtà è che i Trattati funzionano se gli stati vogliono farli funzionare. «La Francia non può spingere più di tanto contro l’Italia – sottolinea un esperto -, sennò si viene a scoprire che mancano ancora 7000 persone per colmare la quota di 9500 immigrati che Parigi ha negoziato con Tunisi». Così sul riconoscimento dei documenti di Lampedusa, questione che le regole vogliono essere in prevalenza bilaterale, cade lentamente il silenzio.
Resta il dubbio su cosa accadrà in settembre ai 25 mila (presunti). I documenti «possono essere convertiti alla loro scadenza in presenza dei requisiti richiesti per concedere i permessi di soggiorno per motivi di studio, lavoro o famiglia – scrive l’Italia a Bruxelles – e resta aperta tale possibilità per coloro che abbiano i requisiti, e ne facciano richiesta, di ottenere l’asilo». Le posizioni degli altri, «saranno riesaminate in stretto raccordo con le organizzazioni di protezione dei migranti, anche al fine delle eventuali procedure di allontanamento». Roma si terrà quelli che deve, altro non si può, se non violando le regole. E non c’è alcun interesse di farlo

Fonte: La Stampa del 23 maggio 2011

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