La caterva di e-mail, proposte, proteste ricevute dopo la rubrica (4 luglio) sugli scarsi successi raggiunti dai ripetuti piani d’ integrazione tra ospedalee territorio meritano almeno una citazione. Si tratta di argomenti collegati oggi dall’ incombente minaccia dei tagli imposti dalla manovra finanziaria. Il Dipartimento welfare della Cgil denuncia: «Il livello di finanziamento previsto è dello 0,5% nel 2013 e dell’ 1,4% nel 2014. Ben al di sotto del Pil nominale, non copre nemmeno l’ inflazione. I tagli programmati nel 2013-2014 risultano di otto miliardi, ma se si conteggiano gli effetti delle precedenti manovre i tagli sullo stesso biennio superano i 13 miliardi. Per il Ssn è allarme rosso, ha detto il presidente della Conferenza Stato-Regioni, e comporta l’ impossibilità di siglare il futuro patto per la salute. A pagare i costi della crisi vengono chiamati proprioi cittadini più deboli. Insistere coi tagli lineari invece che riqualificare la spesa vuol dire programmare il disavanzo di tutte le Regioni e stroncare il percorso di risanamento di quelle impegnate nei piani di rientro. Bisogna rovesciare questa impostazione regressivae agire in modo selettivo sulla spesa inappropriata, vera causa dei disavanzi, concentrati in alcune regioni, e dove è evidente che per governare la spesa occorre sostenere cambiamenti coraggiosi, ad esempio chiudere ospedali inappropriati per offrire più assistenza territoriale e cure primarie. Se i tempi di recupero di questa spesa inappropriata sono più lunghi di quelli necessari alla manovra, si apra un confronto su questo problema, non si spaccino come fa il governo tagli lineari per misure virtuose e strutturali». Un’ altra nota sindacale, assai più drammatica, che mi proviene dalla Campania, bolla come «vergognosa» la deroga al blocco del turnover del personale esclusivamente a favore dei primari, laddove risulti come necessaria per assicurare il rispetto dei Lea (livelli essenziali di assistenza), quasi questa esigenza non possa verificarsi per la mancanza di altri operatori di diversa qualifica. Per cui l’ eccezione andrebbe esercitata partendo da una verifica della situazione concreta e tenendo conto che in Campania dal 2007 fino al 2009 il personale del Servizio sanitario è stato ridotto di 8500 unità, con una ulteriore diminuzione nel 2010 di altre 1409 unità (solo 2000 sono stati sostituiti da precari). Questa situazione ha comportato una riduzione di orario di alcuni servizi, soppressione e chiusura di altri mentre quei servizi che operano nelle 24 ore, come i pronto soccorso, le medicine d’ urgenza, la rianimazione, e tutte le unità afferenti ai Dea (dipartimenti a elevata assistenza) sono al limite del collasso, i medici e gli infermieri lavorano al limite delle proprie capacità psico-fisiche a causa dei maggiori carichi di lavoro, ma anche per coprire i turni vacanti derivanti dalla mancata sostituzione del personale. Del resto un recente rapporto del ministero della Sanità ha evidenziato che la Campania non è in grado di assicurare ai cittadini i Lea sia in termini quantitativi che qualitativi. Resta poco spazio per altre citazioni. Una lettera del professor Daniele Brachetti, cardiologo di Bologna, conferma l’ esigenza di un mutamento strutturale: «È necessario differenziare le aree del pronto soccorso ospedaliero che devono occuparsi delle urgenze gravi, da quelle in cui viene erogata una assistenza continuativa per patologie non gravi, un tempo affidate ai medici condotti: le crisi ipertensive, la gastroenterite, l’ influenza, i piccoli traumie così via.E allora ci vuole tanto per organizzare strutture con disponibilità continua di medicie infermieri per questo tipo di pazienti, incrementando studi associati e molte strutture territoriali esistenti, rivedendone funzioni e orari, con costi nettamente più bassi dell’ attuale spesa ospedaliera? Tutto è complicato da chi non vuole cambiare il proprio modello di lavoro». Infatti se ne parla da anni e nel frattempo si taglia.
Fonte: Repubblica del 18 luglio 2011Sanità in pericolo senza le riforme
L'autore: Mario Pirani - Socio alla memoria
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