• venerdì , 20 Settembre 2024

Se il lavoro non sembra un’emergenza

IL PROBLEMA dei problemiè il lavoro. E’ al centro dei pensieri di figli e genitori, del mondo dell’ economia che sa benissimo che se non c’ è lavoro non ci sono redditi. E’ il tema di fondo dietro le manifestazioni pacifiche di tutte le capitali tranne Roma deturpata da picchiatori professionali che le forze dell’ ordine non sono state in grado di isolare. Quei manifestanti chiedono futuro e un futuro migliore lo si costruisce solo con il lavoro. Ci sono due notizie, una buona e una cattiva. La prima è che a fine ottobre partono gli Istituti tecnici superiori che offrono corsi biennali di alta specializzazione nei settori in cui c’ è più richiesta dalle imprese. Vi possono accedere i diplomati con la prospettiva di diventare quadri, capi reparto, tecnici specializzati e trovare un lavoro al quale con le competenze acquisite nei cinque anni di istituto tecnico-professionale non sarebbero in grado di accedere. Un vecchio progetto di Prodi, realizzato ora da Miur, regioni e imprenditori che ha portato alla nascita di 58 consorzi in Italia, 7 nel Lazio (2 a Roma). Quando apriranno i battenti il paese avrà una struttura formativa preziosa. La notizia cattiva è che al contrario di altre regioni nel Lazio, alle prese con una devastante disoccupazione giovanile, in pochissimi hanno presentato domanda d’ iscrizione: la media per i sette istituti è di 13 domande. Avete letto bene: 13. Per due anni di scuola di specializzazione gratuita e con la prospettiva di un lavoro sicuro o quasi. Un numero così esiguo è allarmante, deve esserci qualcosa nelle aspettative dei ragazzi e delle famiglie, nell’ idea di lavoro e di cosa è opportuno fare per ottenerlo, che non va. E’ un fronte sul quale muoversi. Creare opportunità di lavoro, formare nel modo giusto i giovani, non basta: ci vuole qualcos’ altro per vincere lo sconforto di chi ha rinunciato al futuro, per ridare realismo alle aspettative, per ridare valore sociale a un buon lavoro da tecnico o da quadro in un’ impresa.

Fonte: Repubblica del 18 ottobre 2011

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