Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha spiegato in un’intervista al Sole 24 Ore che per convincere i mercati del fatto che l’Italia è perfettamente in grado di ripagare il suo debito pubblico occorre una strategia opportunamente articolata tra misure di bilancio (immediate), un piano per la crescita economica anche ad effetti differiti ma, per l’appunto, convincenti e un’azione di cooperazione internazionale per il mercato finanziario e del credito.
Quanto sono consapevoli gli italiani dei rischi che si corrono se ci si trova troppo vicini all’occhio di un ciclone finanziario? E quanto sono disponibili in questo momento a farsi convincere della necessità di sacrifici per scongiurare il pericolo?
Una buona cartina al tornasole è offerta dall’ampia sezione dedicata agli argomenti economici del sondaggio svolto dal Cise di Roberto D’Alimonte per Il Sole 24 Ore, che è stato realizzato subito dopo l’insediamento del governo Monti. Se ne ricava un quadro a luci e ombre ma, tutto sommato, di consapevolezza del passaggio estremamente delicato che l’Italia sta vivendo.
Prendiamo per esempio l’argomento tasse, che insieme alla morte sono l’unica certezza, soprattutto per gli italiani a reddito fisso. All’affermazione: per migliorare i conti dello stato bisognerebbe introdurre un condono fiscale, il 50,8% degli intervistati risponde di non essere affatto d’accordo, mentre si definisce abbastanza o molto a favore del condono soltanto il 24,4 per cento.
Segno che è diffusa l’opinione che forse sul terreno del gettito tributario con il condono si può anche, talvolta, “vincere facile” ma che lo strumento in sé è piuttosto iniquo, perché rende à la carte la normativa tributaria. È più in voga, invece, l’affermazione che «per migliorare i conti dello stato bisognerebbe rafforzare la lotta all’evasione fiscale»: si dichiara molto d’accordo il 78 per cento degli intervistati.
Potendo scegliere, ai fini di un miglioramento dei conti dello stato, il 47,7% degli italiani si risparmierebbe volentieri la reintroduzione della tassa sulla prima casa (un asset nella disponibilità di circa il 70 per cento degli italiani); però c’è un 23,5% che si dichiara abbastanza d’accordo con quest’opzione e un 8,7% si ritiene “molto d’accordo”. Va certamente meglio, almeno in termini di consenso, per l’ipotesi di un’introduzione di una tassa sui grandi patrimoni, forse anche perché gli zii Paperoni in carne ed ossa, al dunque, sono pochi: si dichiara molto d’accordo il 67% delle persone che hanno risposto al sondaggio; ma c’è anche un 21,7% che si ritiene abbastanza d’accordo. Quindi, consenso sociale larghissimo; gettito, chissà.
E veniamo alle riforme per promuovere la crescita. C’è una larga maggioranza di italiani che si dichiara molto o abbastanza d’accordo (nell’insieme, si tratta dell’80,2% degli intervistati) che si trova in sintonia con l’assunto che per promuovere la crescita economica bisognerebbe diminuire le tasse su imprese e lavoro spostando il carico sui patrimoni: evidentemente, c’è una consapevolezza diffusa che un’azione per il sostegno della competitività e l’occupazione in questo momento è necessaria. Così come c’è una maggioranza dell’83% che è favorevole a rivedere il “dualismo” del mercato del lavoro attenuando la rigidità dei contratti a tempo indeterminato e rafforzando la tutela sui precari.
Ma, altrettanto ben accolta fra i 1.542 intervistati del campione sondato, è l’affermazione che per promuovere la crescita bisognerebbe accrescere il dosaggio della concorrenza nel campo dei servizi e delle professioni: il 71,3% cento vi si riconosce.
Anche su un argomento molto delicato come quello della previdenza le risposte degli intervistati non sono scontate.
È vero, infatti, che se si pone la questione previdenza in rapporto alle esigenze di risanamento del bilancio (nel sondaggio l’affermazione: per migliorare i conti dello stato bisognerebbe alzare immediatamente l’età a cui si può andare in pensione) c’è un 45,6% di persone per niente d’accordo, e sull’opzione di abolizione delle pensioni di anzianità il 63,2 per cento degli intervistati dice no. Però se l’assunto cambia leggermente e afferma che per promuovere la crescita bisognerebbe allungare l’età pensionabile, in modo da ridurre i contributi a carico dei lavoratori in busta paga, si riscontra un 35,7 per cento di risposte favorevoli.
Soprattutto, dalle risposte al sondaggio emerge il fatto che gli italiani alla loro identità europea sono affezionati. L’indagine pone la questione ricordando che di fronte alla crisi economica, l’Unione europea ha dettato all’Italia delle precise misure economiche da adottare e chiede se si ritiene che si tratti di “interferenze inaccettabili” o se si tratti di “interferenze giustificate” dall’inerzia della politica italiana: il 63,1% del campione risponde citando l’inerzia della politica domestica.
Infine si chiede: nel corso del dibattito sulla crisi economica alcuni hanno proposto che l’Italia esca dall’euro. Lei è d’accordo? Il 56,5 per cento risponde: no, per niente, mentre la quota di chi si dichiara «molto d’accordo» è pari al 14,1 per cento.
Consensi alle riforme del lavoro e del fisco
Commenti disabilitati.