Perché piace il piano Fornero sulla previdenza
Si considerano le vittime della stagione dei veti incrociati e di conseguenza non c’ è da stupirsi se dal mondo delle partite Iva si guarda con una certa attenzione alle mosse del governo Monti. E a quella che viene considerata una discontinuità rispetto all’ azione dei precedenti governi, sia quelli espressione del centrosinistra (Prodi) sia del centrodestra (Berlusconi). Gli uni avevano scelto la Cgil come interlocutore privilegiato, gli altri avevano promesso di tutto ai lavoratori autonomi ma alla fine non sono stati capaci di realizzare una vera inclusione. Anzi. È chiaro che il popolo delle partite Iva per sua natura si presta assai poco a operazioni di reductio ad unum, quindi guai a generalizzare. Sarebbe però sbagliato non cogliere i segnali di novità e seguirne l’ evoluzione. Ad esempio la dirigenza di Acta, l’ associazione dei consulenti del terziario avanzato, ha scritto anch’ essa una lettera aperta al presidente Mario Monti e ai ministri Elsa Fornero e Corrado Passera. Fin qui niente di originale, molte altre categorie l’ han fatto nelle forme più varie. Ma è l’ approccio che è differente rispetto a passate esperienze. Il Quinto Stato – la formula che ad Acta usano per sottolineare la fine dell’ epopea del Novecento – apprezza l’ idea della Fornero di realizzare una grande Inps e chiudere la gestione separata, è favorevole a ridurre i privilegi del sistema retributivo, non ha paura della tracciabilità dei pagamenti e dei guadagni e quanto alle liberalizzazioni non le teme. «Noi già viviamo totalmente sul mercato». Racconta Anna Soru, presidente di Acta: «L’ ultimo provvedimento del governo Berlusconi che ci riguarda è contenuto nella legge di stabilità e ha dell’ incredibile. Hanno finanziato le agevolazioni per l’ apprendistato con l’ aumento dei contributi per parasubordinati e partite Iva. Ma si può?». Il governo Prodi a suo tempo aveva seguito lo stesso copione: al momento di abolire lo scalone previdenziale introdotto dall’ ex ministro Roberto Maroni aveva finanziato l’ operazione aumentando i contributi degli iscritti alla gestione separata dell’ Inps di tre punti. «È singolare che ogni volta che i governi hanno voluto impostare un’ operazione rivolta a rassicurare il proprio elettorato alla fine sono stati usati i soldi degli Invisibili, di quelli che non hanno rappresentanza e quindi non possono premere sulla politica». Con l’ Irap era successo lo stesso. Vincenzo Visco l’ aveva istituita razionalizzando una serie di imposte precedenti che però non riguardavano le partite Iva. Con l’ Irap invece hanno dovuto pagare anche loro tra proteste e ricorsi che sono finiti in Cassazione. Ma chi non pagava rischiava l’ accertamento, chi pagava e poi faceva ricorso in più di qualche caso vinceva. L’ Irap però è ancora lì e un lavoratore con partita Iva in molti casi deve pagarla perché non è chiaro quando è considerato «una struttura organizzata»! Oggi si riparla di aumentare l’ Iva e Acta interviene per dire che un eventuale aumento sui servizi professionali rappresenterebbe un torto. «Si dice di voler spostare la fiscalità dalle persone alle cose ma noi siamo consulenti e i nostri prodotti sono servizi. Anche da questi dettagli si capisce solo che il lavoro autonomo non ha ancora una sua dignità» commenta Soru. Il tema della tracciabilità dei guadagni non trova obiezioni tra le partite Iva. Ad Acta sostengono che bisogna però evitare gli accertamenti senza contraddittorio. Niente da dire sull’ uso di strumenti come gli studi di settore o il redditometro ma è il fisco che deve dimostrare che «noi abbiamo evaso, non il contrario». L’ idea del ministro Fornero di arrivare a una grande Inps trova, dunque, il favore dei consulenti perché in questo modo terminerebbe l’ apartheid – termine di cui ha il copyright Pietro Ichino – del sistema pensionistico. Tra i lavoratori autonomi le partite Iva sono quelle che pagano di più (il 27%) e la loro cassa viene usata per ripianare i deficit delle altre gestioni. «E’ giusto quindi che si vada verso una contribuzione unica. Siamo stati i primi a sperimentare il sistema contributivo ma adesso chiediamo trasparenza. Perché il ministro Fornero non ripesca il progetto della busta arancione da mandare a tutti gli iscritti all’ Inps con la loro posizione contributiva e le simulazioni sull’ assegno finale di pensione?». E sì perché le partite Iva recheranno pure il segno della modernità ma a causa degli squilibri esistenti non sanno se avranno diritto a una vecchiaia dignitosa. Infine la liberalizzazione delle professioni. C’ è da dire che non è un tema che appassiona le partite Iva come invece scalda il mondo delle professioni ordinistiche. I consulenti del terziario avanzato, addensati prevalentemente nel Nord, sono convinti che l’ unico sistema di accreditamento reale possa venire solo dal mercato. «Non è un bollino dello stato che ci darà mai la certificazione della qualità» dice Soru. Tradotto: più aperti alla concorrenza di noi chi c’è?
Tornano le Partite Iva in gioco su Inps e Tasse
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