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Le battute non aiutano

Ha 31 anni, lavora dal 1999 e ha cambiato 18 lavori. Si chiama Claudia Vori, è romana e il suo caso ha tenuto banco nei giorni scorsi sul sito della Cgil e sulla Nuvola del lavoro. Finiti gli studi in ragioneria Claudia ha fatto la commessa, l’impiegata amministrativa al ministero della Giustizia, la gelataia, la cameriera e la receptionist. Dei suoi 18 lavori 5 erano in nero, 4 stipulati con agenzie interinali e gli altri corrispondevano a contratti part time o a progetto. Di tutto Claudia può aver sofferto in questi anni tranne che di monotonia e se c’è una cosa che non ha mai conosciuto è il famosissimo articolo 18. Pensa che «piangersi addosso non serve» e si sta preparando alla sua diciannovesima occupazione, che – ci potete scommettere – non avrà nemmeno minimamente le sembianze del mitico posto fisso.
Ha senso oggi raccontare la storia di una giovane donna, che ha fatto della flessibilità addirittura un abito mentale, per ricondurci tutti alla realtà (vale anche per noi giornalisti). Immersi come siamo nel dibattito politico-ideologico sul lavoro, il contratto unico, la bozza Nerozzi e quella Ichino, lo schema Fassina e l’emendamento Damiano, ci capita di perdere il contatto con il vero. Di essere più attenti alla mappa e agli slittamenti delle posizioni dentro i sindacati e il Pd che alla sostanza del messaggio. È accaduto persino al presidente del Consiglio Mario Monti, che pure ha eretto la sobrietà a cifra politica e comunicativa del suo gabinetto. La «monotonia del posto fisso» sembra il titolo di un romanzo di formazione, nell’uso fattone dal premier è chiaramente una figura ideologica, un’immagine usata per produrre pedagogia.
Il guaio però è un mercato del lavoro drammaticamente spaccato in due, profondamente ingiusto e dove la deprecata routine del posto fisso capita in sorte a un numero tutto sommato ristretto di ragazzi. Usare quell’immagine, di conseguenza, non favorisce il dialogo perché dà la netta sensazione che la politica e i tecnocrati non conoscano la condizione giovanile. Le battute sui laureati tardivi e sfigati (Michel Martone) o persino quella passata alla storia sui «bamboccioni», utilizzata a suo tempo da un gentiluomo come Tommaso Padoa-Schioppa, animano il dibattito, generano contrapposizioni ma alla fine segnalano solo la distanza tra adulti e giovani.
Ieri a Roma è partito il tavolo del lavoro, ci aspettano diverse settimane in cui si discuterà animatamente delle mosse del governo e delle possibili intese. Vogliamo evitare che anch’esso soffra di monotonia? Ebbene non facciamone un referendum sull’articolo 18, una palestra per le ideologie. Claudia non capirebbe. Lei è oltre.

Fonte: Corriere della Sera del 3 febbraio 2012

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