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Gli italiani capiranno Monti anche se tocca l’Art.18. Ce lo dice la storia

Il 14 febbraio del 1984 il Governo Craxi, dopo che l’allora ministro del Lavoro Gianni De Michelis aveva condotto un lungo e travagliato confronto con le parti sociali, decise di rompere gli indugi e, per decreto legge (appunto, il decreto di San Valentino), tagliò quattro dei punti di “scala mobile” (in seguito ridotti a tre) che sarebbero maturati nel corso dell’anno. Di che cosa si trattava?
Con l’immagine della “scala mobile” era definita l’indennità di contingenza, una voce retributiva, introdotta nell’immediato secondo dopoguerra, rivolta a rivalutare automaticamente i salari e gli stipendi all’inflazione. Il procedimento era semplice: veniva individuato un pacchetto di beni (detto “paniere”) e se ne misuravano periodicamente le variazioni attribuendo ad ogni punto percentuale un valore economico, che si traduceva in un adeguamento retributivo. All’inizio degli anni ’80 si era posto il problema dell’incidenza di questo istituto sui livelli di inflazione da tempo a due cifre, la quale, tra gli altri guasti determinati, stava drenando ogni possibilità di politica salariale da parte degli stessi sindacati, dal momento che quasi tutte le disponibilità economiche delle imprese venivano assorbite da tale istituto.
Un giovane e brillante economista, Ezio Tarantelli, aveva con forza denunciato questo processo degenerativo, convincendo della bontà della sua tesi un importante leader sindacale, Pierre Carniti, allora segretario generale della Cisl. Prima di passare alle vie di fatto, Bettino Craxi si assicurò l’adesione della Cisl, della Uil e della componente socialista della Cgil oltreché di tutte le associazioni imprenditoriali. Il Pci e la maggioranza comunista della Cgil condussero una durissima opposizione in Parlamento, nei luoghi di lavoro e nelle piazze; poi, dopo la conversione in legge del decreto, promossero un referendum abrogativo.
Per i sostenitori dell’intervento legislativo non era facile spiegare i motivi per cui la misura era necessaria, tanto più che i promotori del referendum avevano dalla loro, in caso di vittoria, la c.d. restituzione del maltolto: un ammontare, ragguagliato ad anno, di circa 350mila lire, che sarebbe finito in busta paga. Secondo il Pci l’indennità di contingenza non aveva nessuna influenza sul costo della vita perché interveniva ex post ad adeguare le retribuzioni. Non riuscivano a capire che, invece, l’istituto svolgeva un ruolo di consolidamento e di stabilizzazione dei livelli di inflazione. Si scatenò, in quei due anni, una battaglia molto aspra, in cui entrarono a piedi uniti anche le Br, uccidendo l’uomo-simbolo di quegli eventi: Ezio Tarantelli, reo di aver affermato per primo che .
Alla fine, però, nella consultazione referendaria, vinse nettamente il No. Gli italiani dimostrarono di aver compreso quale fosse la posta in gioco. Cominciò, allora, una lunga telenovela, fatta di modifiche, revisioni, decreti, che si concluse soltanto nel 1992 con il de profundis della e con un nuovo modello di relazioni industriali sancito nel Protocollo del 1993. Un’altra volta gli italiani seppero vedere giusto, ben al di là degli illusori vantaggi immediati.
Nel 2003 furono chiamati a pronunciarsi in un altro referendum popolare, promosso da talune forze della sinistra politica e sindacale e sostenuto dalla Cgil. Alla spalle di quell’evento stava un sequela di fatti: le modifiche proposte dal Governo Berlusconi all’articolo 18 dello Statuto, l’opposizione della Cgil di Sergio Cofferati, l’assassinio di Marco Biagi, altro uomo-simbolo; il Patto per l’Italia sottoscritto da tutte le parti sociali tranne che dalla Cgil. Il quesito referendario, se accolto, avrebbe esteso la tutela reale prevista dall’artico 18 anche alle imprese che occupavano fino a 15 dipendenti (escluse dall’obbligo di reintegra per via giudiziaria). Il referendum mancò con ampi margini il quorum dei votanti.
Perché abbiamo voluto ricordare, proprio oggi in occasione di un’importante ricorrenza, quegli episodi? Sappiamo bene che la storia non si ripete, quanto meno con le medesime modalità. I tempi in cui viviamo sono cupi e spesso si ha l’impressione che la società stia dormendo quel sonno della ragione che, al risveglio, genera solo mostri. Ma quei fatti di una storia tutto sommato recente incoraggiano il Governo ad andare avanti a non ascoltare quanti affermano che i problemi sono altri. Monti, parlando agli operatori di Wall Street, ha percepito che, tra i segnali (solo emblematici ?) che essi attendono dal nostro Paese, non può mancare una revisione, sia pure parziale, dell’articolo 18: l’ultimo Muro di Berlino rimasto in piedi in Europa.

Fonte: Occidentale del 13 febbraio 2012

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