• domenica , 24 Novembre 2024

Lavoro domenicale e più welfare. Scambio utile in tempo di recessione

Potrà sembrare paradossale ma nel momento in cui c’è fame di lavoro ieri i sindacati italiani del commercio e unnetwork di associazioni civili/religiose (la European Sunday Alliance) hanno indetto una giornata di iniziative pubbliche contro il lavoro domenicale e le liberalizzazioni del commercio, che pure concorrono a creare nuova occupazione. Slogan: «la domenica non ha prezzo».
Gli addetti del commercio non sono i primi a lavorare di domenica, da tempo immemore altre categorie già assicurano il turno dei giorni di festa in servizi come trasporti, telefoni, giornali e via di questo passo. Da sempre questi lavoratori hanno negoziato il sacrificio richiesto con maggiorazioni salariali e riposi compensativi. Qual è dunque la novità? Nel commercio è diversa la composizione della forza lavoro, le donne impiegate nei supermercati sono un numero molto maggiore di quelle che lavorano nei trasporti. I sindacati sostengono, non senza ragione, che l’obbligo di lavorare la domenica altera un corretto profilo familiare, rende impossibile celebrare la festa insieme e quindi penalizza la coesione genitori-figli. Accanto a questa considerazione, in casa Cgil ha guadagnato campo anche un’elaborazione critica nei confronti delle liberalizzazioni del commercio giudicate inutili. Si sostiene che l’offerta è già ricca e non c’è bisogno di prolungare le aperture alla domenica. Si aggiunge che un allungamento degli orari porta sulla strada di un consumismo esasperato e di una «società dello spreco».
Ma hanno senso questi discorsi in una stagione di recessione? E accanto alla giusta difesa dei modelli familiari di coesione perché Cgil-Cisl-Uil non sviluppano una nuova cultura della contrattazione? La strada sarebbe tutto sommato semplice e potrebbe passare attraverso uno scambio tra le domeniche lavorative e il welfare aziendale. In molte aziende italiane si sono raggiunti accordi che in qualche maniera estendono tutele e bonus ai figli dei dipendenti. Perché non legarli alle liberalizzazioni? Anche la fantasia, oltre alla domenica, non ha prezzo.

Fonte: Corriere della Sera del 5 marzo 2012

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