Chi ha avuto la pazienza e la cortesia di seguire (e magari anche commentare) le mie rubriche del lunedì non può non riconoscermi onestamente di non avere mai risparmiato severi giudizi per le riforme che il ministro Elsa Fornero ha voluto intestarsi.
Del riordino delle pensioni ho criticato leccessiva severità nellinasprimento dei requisiti, quando sarebbe bastato far evolvere il sistema delle quote (età anagrafica + requisito contributivo) a cui il governo precedente aveva aggiunto la c.d. finestra mobile e laggancio automatico allattesa di vita. Quellimpianto aveva un solo aspetto da rivedere: la possibilità di andare in quiescenza con 40 anni di versamenti a prescindere dalletà anagrafica. Sarebbe stato sufficiente aggiungere un vincolo di età per risolvere il problema ed impedire che decine di migliaia di persone potessero accedere al trattamento pensionistico prima di aver raggiunto i sessantanni.
Il guaio dei c.d. salvaguardati non ha una motivazione diversa dalla seguente: laccelerazione delletà di pensionamento, nella riforma, non si è fatta carico di assicurare una ragionevole fase di transizione. E non si verrà mai a capo del problema degli
Quanto, poi, al disegno di legge sul lavoro (ormai in procinto di essere licenziato in via definitiva dalla Camera senza modifiche al testo del Senato per consentire a Monti di esibirlo al vertice europeo del 28 giugno) è mia opinione che quel complesso di norme produrrà meno occupazione e più licenziamenti e creerà non pochi problemi alle imprese, in una fase di grande difficoltà come lattuale, perché il mercato del lavoro diventerà più rigido.
Tutto ciò premesso, potrà sembrare strano, ma non riesco a non provare simpatia e solidarietà per Elsa Fornero, la donna che sta contendendo lintensità delle campagne dodio persino al Cavaliere. Mi impressiona il disarmante coraggio con cui difende le sue scelte. Un coraggio che lha portata persino a dialogare con la Fiom e con i lavoratori ad essa iscritti. Domani e mercoledì, prima al Senato, poi alla Camera, si accorgerà che le tute blu hanno modi ben più signorili e garbati dei rappresentanti del popolo. Tanti senatori e deputati, se dovessero spiegare quali siano le differenze tra un esodato ed un soggetto in prosecuzione volontaria, non saprebbero che dire. Eppure pontificheranno rumorosamente, perché è proprio quando mancano gli argomenti che il linguaggio dei politici diventa più violento. E il superpresidente del SuperInps, Antonio Mastrapasqua, troverà nelle Aule del Parlamento tanti difensori, magari tra gli stessi che poco più di un mese fa lo criticavano, nel dibattito su di una specifica mozione a Montecitorio, per essere lui
Di Fornero ci convince il suo prendere le distanze da un atteggiamento tutto italiano che ritiene normale smettere di lavorare prima di aver compiuto sessantanni, ponendosi, in qualche modo, a carico della collettività; che confonde le aspettative di fatto con i diritti delle persone. Non sappiamo che cosa dirà Elsa Fornero domani e mercoledì. Vi sono però talune circostanze inconfutabili. Nessuno, oggi, a causa della sua riforma, è rimasto senza stipendio, protezione sociale o pensione. Lattuale quadro di garanzie (per un costo complessivo di 5miliardi) è operante per coloro che si troveranno in condizione di necessità fino a tutto il 2013 (per costoro il numero di 65mila è vicino alla realtà). Non ha senso, quindi, impegnare ora (in un Paese che riesce a destinare, a fatica, appena un miliardo allo sviluppo economico) unulteriore dozzina di miliardi per assicurare il pensionamento, secondo le previgenti regole, a favore di quanti si presenterà il problema a partire dal 2014.
Ma cè unaltra considerazione parallela da svolgere: in un Paese, come lItalia, a rischio di incorrere in quel default che renderebbe incerto anche il pagamento degli stipendi e delle pensioni, non sembra proprio giustificato agitarsi tanto per blindare, già adesso, le regole con cui gli esodati andranno in quiescenza tra qualche anno.
Dopo tante critiche, alla Fornero spettano anche qualche merito e simpatia
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