• domenica , 24 Novembre 2024

Uno spot d’immagine per l’apprendistato

Il lavoro che cambia – La partenza lenta del collegamento tra formazione e occupazione.
L’idea del ministro Fornero: faremo anche un accordo con la Germania.
Ha raccontato che l’idea le è venuta di notte e il ministro Elsa Fornero ha subito scritto una lunga mail al suo direttore della comunicazione. Leit motiv del messaggio: l’apprendistato deve diventare anche in Italia «la via tipica» per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro ma ci sono problemi di comprensione e dialogo. «Non è l’ennesima forma di flessibilità poco costosa» sostiene il ministro, per le famiglie e i giovani però apprendista è una parola che sa di vecchio e poco qualificante e del resto basta consultare un dizionario per constatare come sia considerato sinonimo di garzone. Per rovesciare quest’immagine Fornero – ecco l’idea – vuole spot televisivi di Pubblicità Progresso che spieghino al Paese due concetti: 1) in una stagione di bassa occupazione sarebbe un delitto perdere quest’occasione; 2) l’apprendistato è collegato alla formazione e porta nella maggioranza dei casi alla stabilizzazione del posto di lavoro dopo tre anni.
Può apparire singolare che in epoca di crisi si finisca per discutere di lessico e comunicazione del lavoro ma dopo aver inventato la pessima espressione di esodati (che sta per prepensionati), dopo aver tirato fuori il termine demansionamento (per parlare di flessibilità delle mansioni) ora autorità pubbliche e imprese fanno i conti con il significato giusto da dare all’apprendistato. Spiega Luigi Torlai, direttore delle risorse umane della Ducati: «Penso che serva una comunicazione incisiva sia nei confronti delle aziende sia dei giovani, credo che questa tipologia contrattuale soffra di un problema di fondo che potremmo definire di marketing. Pochissimi la conoscono e ai più non fa buona impressione». Al senatore Tiziano Treu del Pd non dispiacerebbe trovare un altro nome pur di salvarne la formula che giudica di successo, il ministro però crede che sia tutto sommato troppo tardi. Meglio procedere a tambur battente con una campagna di comunicazione che modernizzi il termine. Perché, secondo Fornero, l’apprendistato combatte la precarietà ed è il contrario di «quella flessibilità disinvolta che per molte imprese hanno usato al posto della svalutazione competitiva di una volta». E a rafforzare quest’idea dell’apprendistato come stabilizzatore di occupazione il ministro Fornero ha concluso un accordo con il suo omologo tedesco, Ursula von der Leyen, che sarà formalmente firmato lunedì 12 a Napoli e che prevede come partenza lo scambio di giovani tra i due Paesi. «È la prima volta che la Germania ci chiede qualcosa che non sia rigore e ho detto subito di sì». Del resto la Germania è la culla dell’apprendistato che come sottolinea il manager italiano Roberto Zecchino del gruppo Bosch «là esiste dal 1949 e si basa innanzitutto sull’alternanza scuola-lavoro».
Il ministro parlava a Roma a un seminario organizzato sul tema dall’agenzia del lavoro Adecco, seminario al quale hanno partecipato i responsabili delle risorse umane di molte aziende che hanno riportato le loro esperienze o anche solo i loro dubbi e sottoposto al ministro richieste di miglioramento. Felice Cipollina (Eataly) ha raccontato come la sua giovane azienda cominci a usare l’apprendistato ma se «un nostro ragazzo va in banca a chiedere un mutuo casa la banca gli dice no perché non è in grado di mostrare un contratto a tempo indeterminato». Stefano Angilella (Avanade) ha assicurato che la sua azienda fa ricorso all’apprendistato in staff leasing «e si è trattato di un’esperienza eccellente fatta con neo-laureati e neo-diplomati». Tutt’altro che garzoni, quindi. Gianluca Grondona (Indesit) ha persino proposto di usare l’apprendistato per i lavoratori anziani o messi in mobilità. Carlo Dalla Valle (Prysmian) ha riferito che il suo gruppo non l’ha mai usato «perché abbiamo sempre riscontrato delle difficoltà con le singole attuazioni a livello regionale». E le difficoltà trovate con le Regioni sono state un tema ricorrente degli interventi che si sono susseguiti al seminario Adecco assieme a due altre sottolineature (polemiche): spesso ci si deve scontrare «con l’ostracismo dei sindacati» e anche i consulenti del lavoro non sembrano pienamente convinti di questa nuova opportunità. Da fare, dunque, c’è tanto.

Fonte: Corriere della Sera del 9 novembre 2012

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