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Pensioni, il miraggio dei mille euro al mese

«Se potessi avere mille euro al mese…». Non è il motivetto delle mille lire al mese adattato ai tempi, ma il pensiero ricorrente di 7 milioni e 200mila pensionati il cui assegno mensile non arriva a quella cifra. Sì, poco più della metà (il 52%) di tutti i pensionati dell’Inps, che sono in tutto oltre 13 milioni e 900mila, percepisce meno di mille euro al mese. Un altro 24% prende fra i 1.000 e i 1.500 euro al mese, un 13% fra i 1.500 e i 2.000 euro, e soltanto l’11% dei pensionati arriva a ricevere un mensile superiore ai 2.000 euro.
La fotografia dell’universo previdenziale italiano, scattata dall’Inps nel suo «bilancio sociale 2011», mostra un Paese che arranca. Tanti pensionati – quasi 14 milioni su 57 milioni di abitanti – e pochi lavoratori iscritti alla previdenza obbligatoria: poco più di 19 milioni fra dipendenti, autonomi, agricoltori, qualche dipendente pubblico (il grosso nel 2011 era iscritto all’Inpdap, e non si era ancora fatta l’incorporazione nell’Inps). I redditi da pensione sono mediamente bassi, e risentono della differenza territoriale fra Nord e Sud. Se la pensione media al Nord è di 1.238 euro al mese, al Sud si scende a 929 euro. Le pensioni delle donne sono mediamente più basse di quelle degli uomini.
In molti casi, circa il 25% del totale, il pensionato prende più di un assegno, ad esempio uno di natura previdenziale e uno di natura assistenziale. È grazie a questo cumulo che il reddito pensionistico medio raggiunge i 1.131 euro (1.366 per gli uomini e 920 per le donne). Se anziché considerare il reddito complessivo si guarda alla singola pensione, la media scende a 870 euro per gli assegni previdenziali e i 406 euro di quelli assistenziali.
Ma quanto spende l’Inps per far fronte a tutti i suoi impegni, dalla previdenza all’assistenza ad altre prestazioni di tipo sociale come la cassa integrazione o la maternità? Le prestazioni istituzionali 2011 sono ammontate a 219 miliardi di euro, su un totale di 237 miliardi di uscite. Per le pensioni si sono spesi 194,4 miliardi, con un aumento dell’1,7% rispetto al 2010; mentre per le prestazioni temporanee come la cassa integrazione e gli altri ammortizzatori sociali si sono spesi 10,8 miliardi di euro. I trattamenti per la famiglia, come gli assegni familiari, sono costati 6,7 miliardi di euro, le prestazioni per maternità circa 3 miliardi e quelle per malattia circa 2 miliardi. Le nuove pensioni liquidate nel 2011 sono diminuite del 14,5% rispetto all’anno prima: in tutto sono state 964 mila. È evidente che la crisi ha giocato un ruolo chiave nell’appesantire i bilanci dell’Inps: «Nel 2008 – ricorda il presidente Antonio Mastrapasqua – sono stati erogati per la cassa integrazione 300 milioni, mentre nel 2011 si è superato il miliardo. E anche nel 2012 – aggiunge – raggiungeremo lo stesso ammontare». Ed è proprio la crisi ad aver causato una perdita del potere d’acquisto delle famiglie italiane, calato del 3,8% fra il 2008 e il 2011. L’aumento delle prestazioni sociali, rileva l’Inps, ha attutito la caduta dei redditi familiari.
In questo quadro si è innestata la riforma delle pensioni del governo Monti. «Una riforma severa – ammette Elsa Fornero – che provoca anche un po’ di rabbia nei cittadini». L’importante, osserva il ministro del lavoro è che adesso il sistema previdenziale sia sostenibile nel tempo. «Non possiamo alimentare nuove preoccupazioni nei cittadini, in particolare legate ad ambiguità sulla fusione nell’Inps di Inpdap e Enpals», dice. Ribatte la Cgil: con pensioni medie sotto i mille euro, il sistema è sostenibile anche socialmente?

Fonte: il Giornale del 21 novembre 2012

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