Lo shock petrolifero che stiamo vivendo induce a riflettere sul suo impatto nel mondo. La globalizzazione è una tendenza generale che per funzionare al meglio ossia produrre i frutti migliori – necessita una totale libertà dei mercati. Oggi il più grosso limite alla libertà dei mercati non è la Cina ed il suo mondo chiuso di oltre un miliardo dindividui, bensì il cartello dellOPEC, ossia un oligopolio di produttori mondiali di petrolio che vincola i membri a regolare la produzione e, con essa, i prezzi, sottraendoli al libero gioco della domanda e dellofferta. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Il mondo occidentale sta pagando ai produttori un imposta petrolifera da essi deliberata e dovrà subire per ciò stesso un rallentamento del suo sviluppo a meno di consentire una maggiore inflazione.
Sino ad oggi si è tentato di condizionare i membri dellOPEC attraverso larma della moral suasion. Essa gioca soprattutto per la collaborazione del più grande produttore amico degli USA. lArabia Saudita, ma incontra crescenti difficoltà con lIraq e lIran e ormai anche con il Venezuela e la Nigeria. Daltra parte, gli obiettivi dellOPEC non sono solo di massimizzare lincasso di petrodollari ma assumono aspetti di ricatto politico non sopportabili. Soprattutto, dello shock petrolifero lIraq cerca di profittare per seminare discordia nel campo di Agramante, ad esempio con appelli allanello più antiamericano dellalleanza atlantica, lItalia, a dissociarsi dallembargo con lacquisto di petrolio a prezzo di favore: Il prof. Gros-Pietro per non essere da meno del suo predecessore Enrico Mattei si è affrettato a parlare del vantaggio che ne deriverebbe per lItalia, dimenicandosi di monetizzare il costo del discredito internazionale che lItalia ha già pagato quando faceva il doppio gioco con Geddafi.
Ricordiamo questo aspetto per sottolineare la gravità del disturbo che sta arrecando al mondo il comportamento dellOPEC e per affermare che questo bubbone deve essere estirpato al più presto ed a tutti i costi. Contro le Sette Sorelle concessionarie di ricerche e sfruttamento che cercavano di dominare il mercato petrolifero hanno tuonato, a suo tempo, le sinistra anticapitaliste di tutto il mondo. Ne hanno profittato gli Stati, sopprimendo unilateralmente il sistema delle royalties attraverso la nazionalizzazione dei pozzi ed intervenendo direttamente sul mercato.
Ma oggi occorrerebbe una seconda rivoluzione con listituzione alle Nazioni Unite di unorganizzazione internazionale antitrust non molto dissimile da quelle che un buon numero di Stati democratici ha organizzato sul piano nazionale. Utopia? Certamente. I paesi OPEC grondanti di petrodollari possono ormai comperare la maggioranza dei voti di centania di piccoli paesi. Inoltre, mancano i principi giuridici per giustificare leventuale creazione di un Agenzia Petrolifera Mondiale (tipo le comunità europee: Euratom, CECA ecc.). Ciò che oggi possiamo fare è solo di buttare il seme di un nuovo principio che se applicato creerebbe il quadro per soluzioni ottimali. Questo seme dovrebbe consistere nel principio che le riserve fossili del sottosuolo non appartengono agli Stati, bensì al mondo, alluniverso abitato. Così si porrebbe al mondo unalternativa inequivoca: o libero mercato o universalizzazione del sottosuolo fossile, in luogo dellattuale sottosuolo nazionalizzato. Tertium non datur. Seconda utopia? Certo, ma buttare il seme non costa nulla. Ci vorranno decenni, ma forse il seme potrebbe un giorno dar frutto.
Fonte: tratto da: "Il Giornale di Brescia" del 22 settembre 2000