Dopo i negoziati Fiat,l’autunno della svolta nelle relazioni industriali potrebbe continuare con la multinazionale degli elettrodomestici
Non riparte il confronto alla Indesit sulla chiusura degli impianti nel Nord. Il piano per Caserta e Fabriano Pause lavoroIl rilancio Con il sindacato Indesit prevede di rivedere il sistema delle pause di lavoro nella durata (da 30 a 20 minuti) e nelle modalità di fruizioneIl piano dell’ azienda prevede la definizione con il sindacato di un pacchetto competitività che interviene sull’ organizzazione del lavoro La Pomigliano delle lavatrici, a Brembate.
Insieme al più famoso Sergio Marchionne c’ è un altro top manager che si sta ponendo da qualche tempo la stessa inquietante domanda: «Ci sono ancora le condizioni per produrre in Italia consistenti volumi di lavatrici e frigoriferi?». Marco Milani è da sei anni l’ amministratore delegato della Indesit, il gruppo che fa capo all’ ex presidente della Confindustria Vittorio Merloni, considerato negli ambienti sindacali tutt’ altro che un falco. Eppure mentre gli italiani andavano in ferie Milani si è visto costretto il 3 agosto ad emettere un comunicato di fuoco. Diciassette righe in cui in risposta a un nuovo blocco dei magazzini, messo in atto dai sindacati negli stabilimenti del Nord Italia, Milani non solo annullava l’ incontro del 3 settembre per discutere il futuro degli investimenti in Italia ma annunciava che avrebbe valutato «autonomamente ogni ulteriore iniziativa». Cosa voglia dire con esattezza questa frase nessuno sa o vuole dirlo ma l’ idea che si sono fatti i metalmeccanici è quella di una Pomigliano-bis. Di una drammatizzazione ormai imminente. Uno scontro che questa volta vedrebbe la Fiom accanto alla Fim contro un gruppo come quello di Fabriano annoverato tra le colombe confindustriali. Tutto ovviamente comincia con la Crisi che in casa Indesit vuol dire soprattutto crollo del mercato russo, considerato di primaria importanza nelle strategie della compagnia seconda nella grande Europa solo alla Bosch. Non ci fosse stata la recessione Milani aveva programmato addirittura di sbarcare alla grande in Cina e Brasile però dopo i ripetuti cali dei Pil in tutta Europa ha dovuto cambiar marcia e decidere di concentrare le forze sui mercati-chiave. Ma ha anche varato una drastica ristrutturazione della produzione alla ricerca di economie di scala. Da qui la scelta di chiudere due fabbriche del Nord, quella di Brembate in provincia di Bergamo e quella di Refrontolo nel Trevigiano, due zone a forte presenza leghista. Nei piani di Milani c’ è la concentrazione delle produzioni negli stabilimenti di Caserta e Fabriano che sono decisamente più grandi e quindi in grado di aumentare i volumi senza gravare sui costi fissi. Tra l’ altro a Brembate l’ Indesit produce le lavatrici con carica dall’ alto, un prodotto che si vendeva soprattutto nei Paesi dell’ Est e che ora non morde più. Il piano Italia predisposto dai manager Indesit prevede, oltre alla concentrazione produttiva verso Marche e Sud, anche un robusto investimento di 120 milioni per innovare i prodotti e presentarsi sul mercato con frigoriferi e lavatrici di gamma superiore, capaci di garantire margini più remunerativi a un’ industria spesso in balia delle grandi catene distributive e dei loro super-sconti. Quindi nessuna delocalizzazione, anzi mantenimento della ricerca e dell’ innovazione in Italia a due condizioni che Milani giudica indispensabili: a) la chiusura di due delle otto fabbriche italiane; b) la definizione con il sindacato di un “pacchetto competitività” che prevede tra l’ altro una rivisitazione delle pause di lavoro nella durata (da 30 a 20 minuti) e nelle modalità di fruizione. Ad onta delle tradizioni sindacali del gruppo Merloni orientate alla cooperazione se non alla complicità, il dialogo con i sindacati è stato difficile fin dall’ inizio. Anche perché i metalmeccanici si sono sentiti in qualche modo spalleggiati dagli esponenti leghisti che dal palco di Pontida avevano giurato che avrebbero fatto vedere i sorci verdi ai padroni sinistrorsi dell’ Indesit. In particolare Fiom e Fim hanno avallato una forma di lotta come il blocco dei magazzini che ha mandato su tutte le furie i dirigenti vistisi impossibilitati ad effettuare le consegne ai quei pochi clienti che ancora volevano lavatrici a carica dall’ alto. Per tutto il mese di giugno si è discusso sull’ ipotesi di sospendere la protesta e solo a metà luglio con un’ intesa firmata a Roma in sede ministeriale l’ Indesit aveva ottenuto l’ auspicata tregua. In cambio aveva fissato per l’ inizio di settembre l’ inizio della trattativa sugli stabilimenti e sulla produttività. Ma il 2 agosto gli operai di Brembate e Refrontolo sono tornati a bloccare i camion con le lavatrici da vendere ed è successo il patatrac. Come si può constatare tra il caso Fiat e quello Indesit ci sono sicuramente analogie ma anche differenze. La produzione di elettrodomestici somiglia molto all’ auto perché sono entrambi beni di consumo durevoli e richiedono in fabbrica il ricorso alla linea di montaggio e quindi rendono decisivo il negoziato sulle pause e la flessibilità. Contrariamente a Marchionne che è andato persino al meeting di Rimini, Milani sta attentissimo a non esporsi, ma la sensazione è che stia per iniziare l’ autunno più lungo delle relazioni industriali made in Italy. Non solo a Pomigliano.
La Pomigliano delle lavatrici
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