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L’invincibile Google inciampa sulla tv

Mesi di annunci, massicce campagne pubblicitarie, attesa febbrile della rivoluzione televisiva in arrivo. Ma per adesso Google tv torna in cantiere: il lancio, che doveva avvenire tra poche settimane, alla fiera dell’ elettronica di consumo di Las Vegas, è stato rinviato a data da destinarsi. Una notizia che ha colto di sorpresa non solo il pubblico dei consumatori, ma gli stessi produttori di apparecchiature televisive che stanno collaborando con Mountain View. I pochi apparecchi (soprattutto un modello di televisore Sony e una «scatola di conversione» Logitech) oggi offerti con un software di Google rimangono sul mercato ma hanno, di fatto, una funzione sperimentale. Da tempo alcuni esperti di tecnologie informatiche andavano dicendo che il software sviluppato da Google – sostanzialmente una versione televisiva del sistema mobile Android – si stava rivelando costoso, assai complesso da usare e non in grado di offrire le prestazioni promesse: più un modo di portare la web tv dentro il televisore tradizionale che la realizzazione della promessa dell’ azienda californiana di consentire allo spettatore di vedere in qualunque momento qualunque show o qualunque film grazie allo streaming da Internet. Così come da tempo si sapeva che le principali reti televisive, che vivono la rete più come una minaccia che come un’ opportunità, avevano deciso di non salire sul carro della Google tv. Che, infatti, aveva iniziato la sua sperimentazione con l’ appoggio di Amazon, Netflix (film online) e Twitter, ma potendo contare sull’ alleanza con un solo canale televisivo all news: la rete di informazione finanziaria Cnbc. Le grandi reti via etere e via cavo (Cnn, Fox, Abc, Nbc, Cbs) avevano, invece, voltato le spalle al progetto. Che, nonostante ciò, ha continuato ad andare avanti. L’ azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin aveva scelto come partner industriale la Sony, ma altri grandi produttori elettronici mondiali – da Toshiba a Sharp alla LG – si erano preparati a lanciare la loro versione di apparecchi tv basati su software Google. Ma l’ azienda ha improvvisamente deciso di staccare la spina, cogliendo tutti di sorpresa. Non è la prima volta che cose del genere accadono al gigante dell’ informatica. Dopo gli strabilianti successi colti col suo motore di ricerca e con lo sviluppo della pubblicità online, Google ha registrato diverse battute d’ arresto sia nello sviluppo di nuovi servizi innovativi che nelle incursioni nell’ elettronica di consumo. Il 2010 è stato per il gruppo della Silicon Valley un anno particolarmente tormentato, anche se – ancora una volta – di crescita. Android, il sistema operativo per telefonia mobile, si è molto diffuso sul mercato ma Nexus One, il telefonino prodotto da Google, è stato un flop. L’ azienda ha poi battuto Microsoft nella gara pilota per la conquista del contratto per il trattamento e l’ archiviazione in una «nuvola informatica» di dati e documenti amministrativi del municipio di Los Angeles. Ma il progetto ha avuto una partenza stentata per problemi tecnici e perché all’ inizio la polizia della metropoli aveva considerato inadeguate le garanzie di sicurezza della «nuvola». Pochi giorni fa, poi, c’ è stato l’ annuncio di un ulteriore rinvio (probabilmente fino alla metà del prossimo anno) del lancio di Chrome OS, il nuovo sistema operativo per notebook (piccoli computer maneggevoli ed economici ma di potenza limitata). Anche qui problemi di software da rivedere e aggiornare. Google è sempre stata abituata a sperimentare “in corsa” i suoi nuovi prodotti, offrendo agli utenti software innovativi in versione ancora grezza e poi raffinandoli mese dopo mese sulla base del feedback ricevuto dagli stessi clienti. I successi dell’ azienda sono dipesi anche dall’ efficacia di queste tecniche di miglioramento del prodotto. Quello della web tv è, però, un caso diverso e ben più complesso: nell’ elettronica di consumo non si può sperimentare con la stessa disinvoltura, visto che si ha a che fare con partner che investono centinaia di milioni di dollari in hardware. E poi si ha a che fare con un certo numero di operatori televisivi che, collaborativi a parole, nei fatti cercano di sabotare i tentativi del gigante informatico. Che, però, sta scontando anche debolezze tutte sue: una cultura aziendale forte ma chiusa, poco adatta agli intensi rapporti collaborativi con aziende con storie e strutture completamente diverse, richiesti da un’ impresa complessa come la Google tv. E, poi, i limiti del software fin qui sviluppato. Complesso e costoso perché il sistema richiede l’ utilizzo di Atom, il più potente microchip dell’ Intel. Quando ieri il New York Times ha scritto che Google ha chiesto ai partner di cancellare le presentazioni previste a Las Vegas e ha deciso di rimettere al lavoro i suoi ingegneri per rivedere il software, la società californiana si è trincerata dietro un «no comment». Ma diverse delle aziende elettroniche che collaborano con Google hanno confessato agli organi di stampa americani il loro sconcerto e la loro preoccupazione per questo repentino cambio di programma. Che, secondo gli analisti della Forrester, potrebbe far slittare anche di un anno la diffusione nel mercato del nuovo sistema televisivo.

Fonte: Corriere della Sera del 21 dicembre 2010

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