• domenica , 24 Novembre 2024

Ecco la classifica dei migliori piani sviluppisti dei Paesi Ue

Nel “semestre europeo” avviato in queste settimane, il Piano Nazionale di Riforme (PNR) è lo strumento per promuovere la crescita. La sua definizione simultaneamente con quella del Piano di Stabilità e Convergenza (PSC) ha lo scopo di assicurare che risanamento della finanza pubblica e programmi di sviluppo vadano di pari passo tra loro ed in tutti i Paesi dell’UE (in particolare in quelli dell’eurozona). I PNR sono attesi a Bruxelles per il 15 aprile. Il PNR italiano verrà presentato al Parlamento il 10 aprile. Il PNR italiano, varato dal Consiglio dei Ministri il 5 novembre, è in fase di revisione alla luce non solo dei più ambiziosi obiettivi annunciati dal Governo ma anche della “Growth Survey” (rassegna del potenziale di crescita) presentata dalla Commissione Europea il 12 gennaio. In effetti anche se numerosi PNR vengono ritoccati in questi giorni, i documenti altrui ci aiutano a vedere se si possono recepire alcune idee, e per trarne insegnamenti per l’anno prossimo. Un esame comparato è facilitato dal fatto che i vari PNR seguono lo stesso schema: a) scenario macro-economico a medio termine; b) obiettivi specifici nazionali per raggiungere quelli di “Europa 2020”; c) misure a breve termine per dare corpo a b).
Tra gli Stati di grandi dimensione, la Germania, seguita della Francia, è quello che ha curato con maggiore attenzione il documento. Neanche Germania e Francia, però, esplicitano con chiarezza “le riforme”. La stessa Commissione Europea ha fatto capire che questo aspetto verrà affrontato con gradualità. Il PNR tedesco illustra senza inibizioni i nodi strutturali da sciogliere (specialmente di finanza pubblica) e dà una priorità alla crescita dell’occupazione anche come strumento per il risanamento della finanza pubblica (più occupati vuole dire maggior gettito e minor spese per il sociale) e per l’inclusione delle fasce ai margini della società. In materia di occupazione di degli ultra 55enni e delle donne, Germania e Francia si pongono obiettivi più ambiziosi di quelli di “Europa 2020”, mentre il PNR del 5 novembre se ne poneva inferiori a quelli UE, giustificandoli con “il basso livello di partenza”.
Differenze marcate soprattutto rispetto alla formazione di capitale umano. Nei PNR di Austria, Francia, Germania, Finlandia, Polonia Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca e Svezia, ci si propone di contenere gli abbandoni scolastici entro il 4 per cento ed il 9 per cento entro il 2020 (l’obiettivo europeo è il 10) mentre nel documento italiano del novembre scorso si mira al 15-16 per cento. In termini di istruzione terziaria (universitaria ed equiparata), siamo al 22,3 per cento della corrispondente classe di età e proponiamo (nel PRN di novembre) di arrivare al 26-27 per cento (solo la Romania ha un obiettivo inferiore), rispetto al 60 per cento dell’Irlanda, a 50 per cento di Belgio, Cipro, Francia e Polonia ed ad oltre il 40 per cento di Germania, Portogallo, Spagna, Lettonia, Lituania, Slovenia. Ancora maggiore, il divario in materia di ricerca scientifica : gran parte dei Paesi dell’UE hanno già spese in ricerca scientifica che superano il 2 per cento del Pil (in Novembre ci siamo dati come obiettivo l’1,53 per cento rispetto all’1 per cento attuale) e propongono traguardi più ambiziosi del 3 per cento previsto in “Europa 2020.
I nostri obiettivi sono inferiori a quelli degli altri – si afferma – a ragione della priorità da dare al risanamento della finanza pubblica. Anche altri Stati UE hanno situazioni complesse di bilancio, ma ciò nonostante danno priorità alla crescita reale. Potremmo farlo con un più incisivo programma di liberalizzazioni: il Dipartimento del Tesoro dispone della strumentazione all’uopo , descritta in un elegante working paper diramato la settimana scorsa a livello internazionale.

Fonte: Il Foglio del 12 marzo 2011

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