L’indice di fiducia delle imprese manifatturiere è calato per il quarto mese consecutivo a luglio, a 98,5 dal 100,5 precedente. Il calo di due punti dell’indice destagionalizzato segnalato ieri dall’Istat è stato nettamente più pronunciato di quanto atteso dagli economisti, che nei sondaggi dei giorni scorsi pensavano che l’indicatore del sentiment delle aziende si sarebbe attestato questo mese appena al di sotto di quota 100.
Anche il dettaglio degli elementi d’analisi forniti dall’indagine Istat non è molto confortante, in quanto si nota in primo luogo un peggioramento consistente dei giudizi sugli ordini: la flessione degli ordini scende infatti a -25, il minimo da quasi un anno, anche se si conferma una miglior tenuta delle commesse dall’estero (stabili a -20) rispetto a quelle domestiche (in calo a -29).
Peggiorano anche le attese di produzione (in particolare nei beni di consumi e in quelli intermedi, mentre c’è un lieve miglioramento in quelli strumentali). Peggiorano, soprattutto, secondo gli economisti, le aspettative sul quadro economico generale.
Un segnale negativo in prospettiva per la produzione è anche dato dal fatto che per la prima volta da due anni le scorte si confermano, per il secondo mese consecutivo, al di sopra dei livelli “desiderati” (visto il corrente ritmo di vendite). Inoltre sulla base delle consuete domande trimestrali sulla capacità produttiva, l’Istat segnala che nel secondo trimestre il grado di utilizzo degli impianti è sceso al 71,6% dal 72,8 del primo trimestre di quest’anno; anche la durata della produzione assicurata sulla base dell’attuale portafoglio ordini diminuisce da 3,3 a 3,2 mesi, spiega l’Istat.
L’unico segnale positivo arriva dalle minori intenzioni di ritoccare al rialzo i listini. Stabili, invece, le aspettative sulla occupazione.
L’Istat segnala inoltre che nel mese di giugno è sceso anche l’indice destagionalizzato del clima di fiducia delle imprese di costruzione, passato a 74,4 da 80,5 del mese di maggio: anche in questo caso, sono in peggioramento tanto i giudizi sugli ordini e sui piani di costruzione, sia le attese sull’occupazione.
I dati diffusi ieri dall’Istat, letti accanto alla flessione mostrata dalle altre indagini di fiducia delle imprese nell’Eurozona, segnalano un minor dinamismo per l’attività economica nel terzo trimestre del 2011.
In pratica, spiegano gli analisti, questi risultati così deboli sul fronte della fiducia sembrano preludere a un rallentamento della produzione industriale nei mesi compresi fra luglio e settembre, dopo la forte accelerazione nel secondo trimestre dell’anno.
Conseguentemente, anche sul versante del prodotto interno lordo si potrebbe produrre una nuova frenata in territorio vicino a zero, dopo il probabile rimbalzo messo a segno nei mesi da aprile a giugno.
È un calcolo che ha portato alcuni centri studi a stimare la stessa crescita economica per l’intero 2011 al di sotto dell’uno per cento.
Ad esempio, il centro studi Ref di Milano parla di un +0,7% di incremento del Pil per l’anno in corso e spiega che uno dei motivi che nei giorni scorsi ha fatto aumentare la percezione del rischio- paese sui mercati, per l’Italia è proprio la valutazione della dinamica del Pil potenziale in Italia: «La nostra posizione è del tutto peculiare osservano gli economisti del centro studi di Milano perché nel biennio 2010-2011, periodo caratterizzato da un’economia internazionale ed europea in ripresa, siamo cresciuti a un tasso di appena l’uno per cento l’anno. Qualcuno ne potrebbe desumere che, se nelle fasi migliori cresciamo all’uno per cento, allora la crescita potenziale del paese è molto più bassa, perfino pari a zero».
È un errore, concludono gli economisti del Ref, continuare a trattare un problema di bassa crescita come se fosse un mero problema di finanza pubblica.
Giù la fiducia nel manifatturiero Bankitalia nel 2010 occupazione e investimenti in calo
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