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Le ansie dei dentisti: i prezzi scenderanno e la qualità rischierà. Priorità investire

Al di là delle dichiarazioni degli stati maggiori delle associazioni e degli Ordini, come stanno metabolizzando la novità «liberalizzazioni» i professionisti italiani? Un piccolo contributo per rispondere al quesito viene da una ricerca condotta sui dentisti italiani nello scorso mese di dicembre dall’ ufficio studi dell’ Andi, l’ associazione nazionale dentisti italiani. L’ indagine si basa su un campione di 1.000 professionisti statisticamente rappresentativo dell’ universo e fornisce ampio materiale di riflessione. Gli odontoiatri sono tra le categorie più esposte al mercato e, prima ancora che i governi mettessero mano a una nuova regolamentazione, ha già avuto a che fare con il massimo della concorrenza, l’ ingresso sul mercato italiano di competitor multinazionali (spagnoli). Per di più il tariffario dei dentisti risale al 1992 e non è stato mai aggiornato e la pubblicità è stata già sdoganata dalle lenzuolate di Bersani. Avendo quindi scontato almeno due grosse novità (di quelle considerate traumatiche dai colleghi di altre professioni) la domanda più interessante è quella sull’ eventualità dell’ ingresso negli studi odontoiatrici di soci di capitale eventualmente in posizione di maggioranza. Il 15,7% si dichiara d’ accordo e un altro 19,3 neutrale ma più del 65% si dichiara contrario. Al successivo quesito sulla disponibilità a costituire o ad entrare in una società di soli professionisti il risultato cambia. Il 32,6% resta individualista anche di fronte a quest’ opportunità, il 21,5% si dichiara favorevole mentre la maggioranza relativa (45,8%) se la cava con un “forse”. Se ne può dedurre che la categoria comprende l’ esigenza di cambiare il modello di business ma non ha chiaro cosa fare e comunque teme che l’ arrivo di capitali stravolga lo spartito tradizionale. Commenta Gianfranco Prada, presidente dell’ Andi: «Vedo in questi dati un atteggiamento di attesa, wait and see. Anche perché i regolamenti per le società tra professionisti, varate dal precedente governo, dovevano essere approntati in dicembre e invece tardano. Così anche i colleghi che hanno voglia di sperimentare aspettano di vedere, ad esempio, cosa cambierà in materia fiscale». Alla domanda quale sarà «l’ effettiva conseguenza della concorrenza per i pazienti» il 51,5% risponde (con sincerità) che scenderanno i prezzi delle prestazioni mentre il 33,8% sostiene che non ci saranno novità per i clienti. Questo dato letto dal versante dei consumatori da solo basterebbe per decretare il successo dell’ iniziativa del governo Monti, visto dai dentisti – come sottolinea Prada – «segnala come alla discesa dei prezzi si possa accompagnare un calo della qualità del servizio». Il presidente dell’ Andi aggiunge che per far scendere il costo del dentista si dovrebbe operare in primis «sugli infiniti balzelli e oneri amministrativi» che ancora esistono. Secondo il campione Andi la deregulation non migliora la condizione dei giovani dentisti (45,3%) o addirittura la peggiora (45,9%) perché, a detta degli intervistati, lavorando alle dipendenze dei franchising multinazionali i giovani diventano degli «impiegati dell’ odontoiatria» e perdono la caratteristica di professionisti. Il 42% dei dentisti italiani chiede al suo sindacato di ricevere «orientamento» perché le novità sono incombenti e c’ è necessità di dotarsi di maggiore rappresentanza. Di grande interesse, infine, è la risposta data a una coppia di quesiti che riguardano le mosse da mettere in atto per rilanciare la professione. «Tenuto conto dello stato di crisi saresti disposto a fare investimenti sui beni strumentali del tuo studio?». Il 64,8% degli intervistati risponde positivamente e solo il 20,6% si arrocca sul no. Alla successiva domanda che tipo di investimenti considerano prioritari, il 59,5% del campione risponde «attrezzature ad alta tecnologia», il 21,6% «attrezzature di base» e il 18,9% «risorse umane». Secondo Prada questi dati dimostrano come la categoria, pur intimorita dalle novità e dalla concorrenza con i capitali stranieri, non depone le armi. Anzi, «capisce che bisogna essere al passo dei tempi e individua nell’ innovazione lo strumento numero uno per rispondere». Ma, chiude Prada, non c’ è solo da lavorare sulla tecnologia, i dentisti possono rispondere anche ampliando la sfera della loro azione «curando non solo il dente ma più in generale il sorriso».

Fonte: Corriere della Sera del 23 gennaio 2012

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