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Forse la banda larga adesso parte

In questo settore tecnologico l’Italia è collocata al 22mo posto in Europa, dopo la Lituania.
Metroweb pronta a cablare in fibra ottica 30 città italiane
Forse è la volta buona: la banda larga su rete telefonica fissa in Italia dovrebbe passare dai sogni alla realtà. Il ministro Corrado Passera ha riaperto il dossier, sulla scorta di un ambiziosissimo decreto semplificazioni che gli affida il compito di accorciare le distanze con l’Europa, dove l’Istat ci fotografa al 22esimo posto, alla pari con la Lituania, per diffusione di banda.
Un decreto con dentro ben 11 mozioni, tutte approvate con voto bipartisan, per chiudere questo altro «spread» che alla lunga peserebbe sul paese quanto quello dei Btp.
La vera novità si chiama Metroweb, dopo la «cura» sommistratagli dal nuovo azionista F2i, che significa Vito Gamberale e Cassa depositi e prestiti (socia del fondo al 15%). Metroweb ha messo sul piatto 2,5 miliardi di euro di investimenti in quattro anni per cablare in fibra ottica 30 città oltre Milano, a cominciare da Torino, Genova, Bergamo, Brescia, Verona, Padova, Reggio Emilia, Bologna, Roma, Napoli, Bari, Palermo.
Gamberale ha lungamente militato nel gruppo Telecom, e ne rispetta le ragioni: la rete in rame è l’asset principale di Telecom, che arriva a valutarla (in astratti esercizi sull’ipotesi di vendita, quelli già invano previsti dal cosiddetto «piano Rovati» che tra 2007 e 2008 contribuì a bruciare l’ultimo governo Prodi) circa 13 miliardi di euro. Ben difficile che qualcuno glieli dia. Ma la salvaguardia degli interessi di Telecom (ci mancherebbe solo che saltasse una delle ultime grandi aziende private italiane) non deve interferire con gli interessi del sistema: un 10% di banda larga in più potrebbe indurre, calcola l’Unione europea, una crescita di almeno un punto di Pil.
E allora? Allora la rete di Telecom dovrà essere integrate con quelle alternative dei privati, che diventeranno complementari: è una questione di regole, l’Autorità garante per le telecomunicazioni le sta preparando, dovrà licenziarle entro maggio, anche perché poi scadono gli attuali vertici.
Intanto, i concorrenti privati di Telecom sembrano un po’ più compatti: Vodafone si è detta disponibile a intervenire a fianco di Metroweb nella «società strumento»; sono pronti a scendere in campo, sia pure con impegni probabilmente inferiori, anche Fastweb e Wind. E gli investimenti privati non dovrebbero mancare, come non sono mancati nella pur malconcia Gran Bretagna dove (ha detto in audizione parlamentare l’amministratore delegato di British Telecom Italia, Corrado Sciolla) ha investito 2,5 miliardi di sterline.
Una novità dentro Telecom consiste anche nel ruolo, forse più negoziale anche se certo non rinunciatario, del nuovo amministratore delegato Marco Patuano (Franco Bernabè è soltanto presidente): «La nostra è un’infrastruttura aperta», ha detto in Parlamento, difendendosi dalle critiche dei concorrenti, «e in questa fase è importante iniziare ad attivarci perché ci sia una ultra banda fissa e mobile ed un progetto che preveda in pochi anni di aumentare la penetrazione di questo servizio nella popolazione italiana è meritevole».
Telecom tende a valorizzare al massimo la sua rete in rame, e fa bene, puntando sulla tecnologia del cosiddetto vectoring, che incrementa la capacità dei vecchi fili telefonici di trasmettere dati, con poca spesa: circa 350 milioni di euro in tre anni, stando a una slide dell’ultima presentazione fatta agli analisti finanziari. Saranno pochi, ma meglio che niente, a patto che la rete sia davvero aperta, come dice Patuano, e quindi integrabile con quelle di Metroweb e degli altri: il che dipenderà soltanto dalle regole.
Con la sua rete in rame, integrata con i tratti in fibra, Telecom promette di raggiungere 99 comuni, con una capacità di banda larga o larghissima. Ed entro il 2013 spera di coprire al 98% la popolazione italiana con la banda minima di 650 kilobit al secondo, quella dei servizi di base.
Resta sullo sfondo il problema della rete mobile, che proprio Telecom denuncia continuamente: l’attuale rete è satura. In parte per mancanza di fibra ottica (ci risiamo), che non sempre raggiunge le stazioni radio-base e quindi depotenzia quelle collegate in rame; in parte per il boom del consumo, otto volte quello del Duemila, da parte di 16 milioni di utenti.

Fonte: Italia Oggi del 7 marzo 2012

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