Una multinazionale può pagare stock option milionarie ai suoi top manager e al tempo stesso occuparsi dello studio e della mobilità sociale dei figli dei dipendenti senza cadere in aperta contraddizione? Stavolta per spiegare il modello Luxottica di welfare aziendale non basterà forse rifarsi alla rassicurante tradizione olivettiana, saremo obbligati tutti a trovare nuovi parametri.
Il capitalismo, del resto, se in passato ha avuto una qualità è stata proprio quella di sorprendere i suoi analisti. Ma vediamo i fatti: martedì a Belluno nella sede dellUnione Industriali la multinazionale italiana di Leonardo Del Vecchio e i sindacati confederali hanno firmato un nuovo accordo di welfare aziendale che estende quello (pilota) del 2009 e si occupa di studio e mobilità sociale dei figli dei dipendenti, di contrasto allabbandono scolastico, assistenza sociale alle famiglie Luxottica, soggiorni allestero e persino microcredito di solidarietà.
Non bisogna essere degli Ichino o dei Treu per capire come si tratti di una delle intese più avanzate mai raggiunte perché lazienda si fa carico non solo dei problemi materiali dei dipendenti ma estende la protezione (il welfare) ai figli e considera un valore da promuovere il loro iter scolastico.
Per spiegare tutto ciò a Belluno usano unespressione, «multinazionale di territorio», che può vincere lOscar dellossimoro ma che ha fatto proseliti in Italia con accordi di welfare aziendale firmati un po dovunque nelle grandi e nelle medie imprese.
Torniamo però alla cronaca. Il caso vuole che pochi giorni fa la stessa Luxottica sia salita allonore delle cronache per unaltra circostanza singolare: lamministratore delegato della società Andrea Guerra ha venduto, come suo diritto, le azioni della società avute come stock option e ha guadagnato nel trading la bellezza di oltre 40 milioni di euro.
Anche chi ha storto il naso di fronte a un premio così ricco intascato in tempo di Grande Crisi ha dovuto riconoscere che Guerra se li è pienamente meritati, in virtù delle straordinarie performance che la società degli occhiali ha conosciuto negli ultimi dieci anni sotto la gestione del suo top manager.
Ma allora la contraddizione è solo apparente? In tempi in cui i testi sulla disuguaglianza di guru come Branko Milanovic o di premi Nobel come Joseph Stiglitz riempiono gli scaffali delle librerie e in una stagione politico-culturale in cui tanti ripetono che un amministratore delegato non può guadagnare 400 volte più di una tuta blu come va giudicato il caso Luxottica? In attesa di valutazioni neutrali sentiamo quella dello stesso Guerra.
«È evidente che oggi il valore che è stato creato in azienda in questi anni non viene distribuito omogeneamente. Ci sono delle storture ma il percorso che abbiamo avviato ha proprio lobiettivo di ridurre le distanze». Il manager ricorda come ci sia stata in Luxottica una prima distribuzione ai dipendenti di azioni per 10 milioni di euro e indica come successivo step una partecipazione azionaria alla tedesca.
«Francamente non credo ai tetti sulle alte retribuzioni, penso che unazienda di successo debba compensare tutti quelli che hanno contribuito e lo possa fare in piena trasparenza e correttezza». Secondo Guerra il nuovo accordo del welfare Luxottica chiude la prima fase, quella pioneristica dal 2009 al 2013 e ne apre una nuova che dovrebbe servire proprio a costruire i lineamenti di un capitalismo partecipato e remunerativo.
«Se avrà pazienza ci risentiremo tra cinque anni e potremo trarre un bilancio di questa stagione che comincia oggi. Anche perché se guardiamo fuori dallazienda non vediamo solo una crisi particolarmente lunga ma un mondo diverso da quello di ieri che richiede da parte del capitalismo idee e formule nuove».
Indubbiamente i dati sul grado di soddisfazione del proprio lavoro da parte degli operai Luxottica sono molto elevati. Lassenteismo è a livelli tedeschi (4%), il senso di appartenenza è scandinavo (l82% si dichiara orgoglioso dellazienda in cui lavora), la flessibilità è americana (il 90% di adesione al lavoro straordinario di sabato), la qualità svizzera e lorganico in Italia è raddoppiato negli ultimi dieci anni.
Nella valle dAgordo non amano veder archiviata la loro esperienza nel file «filantropia», il direttore delle risorse umane, Nicola Pelà, ex olivettiano, sostiene da sempre che si tratta di «uno scambio», di un negoziato tra parti diverse che approda a soluzioni valide e convincenti, a un do ut des di medio periodo («reso possibile dal sentirsi parte di una comunità»).
Lazienda si giova di un sentimento di appartenenza che produce qualità della prestazione, i dipendenti si vedono premiare con una sorta di «secondo salario» fatto finora di carrello della spesa a prezzi scontati, libri di scuola gratis e visite mediche specialistiche. Questo scambio ora fa un ulteriore passo in avanti perché estende la responsabilità dimpresa dalla condizione lavorativa dei padri al rischio di esclusione dei figli.
Spiega Guerra: «Il mercato del lavoro dei ragazzi di oggi è globale e noi scommettiamo che la scuola e le esperienze allestero possono anche in questo nuovo contesto far ripartire lascensore sociale». I sindacati dopo una primissima fase di incertezza nel 2009 hanno pienamente sposato la filosofia di Del Vecchio e dei manager Luxottica, ora persino gli accordi sono scritti in stile asciutto e diretto e si è creato via via un modello di relazioni industriali che Pelà definisce «delle opportunità e delle responsabilità».
Il capitalismo, dunque, non sarà in grande salute ma riserva ancora delle sorprese anche se, come dimostra la stock option milionaria di Guerra, non sarà mai una livella.
Luxottica, se il manager da 40 milioni sposa il welfare operaio
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