• giovedì , 26 Dicembre 2024

“Stazioni, linee elettriche e immobili: cosi’ parte il treno della privatizzazione”

PARLA L’AD MAURO MORETTI ALL’AVVIO DEL SUO QUARTO MANDATO. I CONTI SONO STATI RISANATI MA PER RISPONDERE ALLA NUOVA DOMANDA DI TRASPORTO SERVONO ANCORA ULTERIORI INVESTIMENTI E LA CAPACITÀ DEL PAESE DI PENSARE STRATEGIE A LUNGO TERMINE.
Mauro Moretti è amministratore delegato di Ferrovie dello Stato da 7 anni e 3 mesi. Il suo quarto mandato (il primo era stato di solo un trimestre) è iniziato la primavera scorsa. Il gruppo è risanato, nel 2012 ha prodotto 381 milioni di euro di utile netto e ora che si comincia a riparlare di privatizzazioni potrebbe entrare nella lista. Il gruppo è pronto per essere messo sul mercato? «Deciderà l’azionista, quello che posso dire è che non è ancora al massimo delle sue potenzialità e quindi del valore ricavabile attraverso una privatizzazione». Si potrebbe però cominciare da alcune sue parti. «Abbiamo già concordato un percorso con gli azionisti privati di Grandi Stazioni, Benetton e Caltagirone. Faremo uno spin off della parte commerciale e saremo pronti rapidamente a metterla sul mercato. Abbiamo da poco cominciato a discutere con Save, azionista privato di 100 Stazioni e nel giro di pochi mesi potremmo essere pronti anche con quella società». «I nfine ci sono le linee ad alta tensione, migliaia di chilometri lungo tutta la penisola, che può interessare Terna, che già la utilizza, ma anche altri soggetti». Fs ha un patrimonio immobiliare immenso, cosa ne farete? «Ci sono terreni importanti nei centri delle città vicino alle stazioni, a Milano, nella zona di Porta Susa a Torino, e poi a Bologna, Firenze, alla Tiburtina a Roma. Sono parti vitali per la rigenerazione urbana e i comuni dovranno prendere le loro decisioni». A proposito di Tiburtina, la stazione è una cattedrale deserta… «Abbiamo cominciato quell’operazione quando era sindaco Rutelli, ed era parte di una valorizzazione dell’intera zona, si parlava di creare lì la cittadella giudiziaria e di portare uffici della Regione. L’unica cosa che è andata in porto è la stazione, ma la sua realizzazione è stata comunque un fatto positivo perché abbiamo realizzato l’interramento della tangenziale, ora Bnp Paribas Bnl costruirà il suo centro direzionale e altri operatori si stanno avvicinando, così lo Sdo finalmente potrà sbocciare». Com’è la situazione patrimoniale del gruppo? «Abbiamo un patrimonio di 34 miliardi al netto di circa 10 miliardi di debiti, quindi è solido. Come dimostra il successo del secondo collocamento di obbligazioni, la settimana scorsa, 600 milioni contro una richiesta di 1,6 miliardi, peraltro senza alcun road show. Abbiamo ottenuto un tasso inferiore di 17 punti base rispetto al Btp comparabile ». E la situazione economica com’è? «Chiuderemo il 2013 con un utile superiore ai 381 milioni del 2012, questo è quello che al momento posso dirle. Posso però aggiungere che in questi sette anni c’è stato un balzo dell’Ebitda di 2,7 miliardi. Nel 2006 l’Ebitda margin era negativo per il 10% del fatturato, ora è positivo per il 23,5%: in Europa il secondo è la DeutscheBahn con il 13,5%. Sulla base di questa crescita dell’Ebitda Margin abbiamo avuto il coraggio di investire, anche se partivamo da un debito elevato». Come contribuiscono le varie componenti del gruppo? «Trenitalia ha un Ebitda elevato che in parte è mangiato dagli interessi sui debiti che abbiamo ereditato, Rfi ha una redditività più bassa ma pochissimi debiti. La componente estera contribuisce al fatturato con circa 800 milioni e una marginalità in crescita». Siete diventati il secondo operatore in Germania. Perché avete investito all’estero invece che in Italia? «In Germania siamo diventati il secondo operatore merci e passeggeri, l’investimento è stato di fatto pagato dalle imprese acquisite e abbiamo prospettive e volontà di crescere perché con il mercato unico o si ha una dimensione europea o si rischia di scomparire contro i giganti tedeschi e francesi». Ma il problema dei pendolari resta. «Abbiamo fatto passi avanti nella puntualità e nella pulizia, che ci vengono riconosciuti, ma ci sono problemi drammatici di affollamento nelle ore di punta nelle grandi città. Questi però non dipendono da noi. Stiamo investendo in nuovo materiale rotabile, 3 miliardi in autofinanziamento, ma non basta, ci vogliono anche risorse pubbliche. E poi si potrebbe intervenire anche su altri aspetti, come gli orari e le organizzazioni delle grandi aree metropolitane». Ma risorse pubbliche le regioni non ne hanno… «Altre regioni europee hanno utilizzato i fondi strutturali della Ue per il trasporto regionale e locale, potrebbero farlo anche le regioni italiane, e noi saremmo in grado di rispettare il vincolo europeo che richiede di arrivare alla fatturazione entro il 2015. E comunque sarebbe opportuno impostare una strategia anche per il prossimo ciclo, che va dal 2014 al 2020. Parte di quei fondi potrebbe essere utilizzata per il materiale rotabile e per le grandi opere infratsrutturali legate al Trans European Netwiork». Si farà? «Non lo so. L’Europa è stata in grado di elaborare una strategia di lungo termine orientata alla sostenibilità ambientale ed economica. Noi facciamo fatica a guardare lontano. Iniziamo a discutere e condividere una strategia al 2030-2050. Le faccio un esempio: la Germania ha deciso di mettere a pagamento le autostrade ai veicoli esteri. L’obiettivo sono i camion che attraversano il paese e inquinano. Con le tariffe che pagheranno si potenzierà il trasporto su ferro. Già oggi se in Italia il trasporto su gomma costa uno, in Germania costa 2,5 e in Svizzera 5. E’ un modo per orientare il trasporto merci verso modalità più sostenibili in termini ambientali ». Parliamo ora di investimenti. Cosa avete in corso? «Stiamo portando avanti 5 miliardi di investimenti nel materiale rotabile, tutti autofinanziati, dei quali 3 per il trasporto regionale, 1,5 per l’Alta Velocità con il nuovo Freccia 1000 e 500 milioni per le lunghe percorrenze. Attenzione a quest’ultima cifra, che sembra bassa, ma nasconde il fatto che con il rinnovo della flotta per l’Alta Velocità, alcuni treni ora impiegati dalle Frecce passeranno alle lunghe percorrenze. Stiamo inoltre investendo 4,2 miliardi, sempre autofinanziati, nelle infrastrutture, essenzialmente per completare l’Alta Velocità Torino-Salerno, in sostanza i nodi e l’interconnessione. Poi ci sono i 17 miliardi di investimenti pubblici, che riguardano la Napoli-Bari, l’evoluzione della Salerno-Reggio e molte altre cose ancora». Il Freccia 1000 che innovazioni ha? «E’ un treno nuovo basato su tecnologia Bombardier con molte innovazioni nostre. Un grande gruppo, tanto più se è posseduto dallo Stato non può limitarsi a comprare quello che c’è, deve innovare». I fornitori rispondono? «Le faccio un esempio: nel 2000 in termini di controllo e sicurezza eravamo indietro. Abbiamo investito circa 5 miliardi e oggi la nostra rete è totalmente e permanentemente monitorata con un sistema avanzatissimo, che interagisce con i treni regolandone la velocità e quando necessario la frenata in relazione allo stato della rete, al traffico, agli ostacoli. Una innovazione nella quale siamo più avanti degli altri e grazie alla quale Ansaldo Sts è diventata il gioiello che tutti ci invidiano ». Non è andata altrettanto bene all’Ansaldo Breda. «Sappiamo che l’azienda è in difficoltà, ma noi garantiamo commesse che per qualità e quantità possono rappresentare la base per un turnaround». Avete acquisito la gestione dell’azienda di trasporto urbano di Firenze, perché? «Siamo interessati al trasporto urbano perché riteniamo che per gestire in maniera efficace ed efficiente la mobilità nelle grandi città ci vogliono due cose: da un lato una istituzione che programmi e regoli, e un gestore in grado di ottimizzare un servizio integrato». Quindi dopo Firenze punterete anche ad altre aziende di trasporto locale. «Se ci saranno gare, soprattutto nelle grandi città, parteciperemo». L’Antitrust ha aperto una procedura in seguito ad una denuncia di dumping sulle tariffe da parte di Ntv. «Le società del gruppo hanno preso una serie di impegni che sono stati pubblicati per il test di mercato, poi l’autorità prenderà le sue decisioni». Intanto sta per arrivare l’Autorità dei Trasporti, un altro controllore sui vostri, spesso contestati, comportamenti. «E’ un fatto positivo, perché non è l’Autorità delle ferrovie ma dei trasporti, e quindi dovrà occuparsi della competizione tra diverse modalità di trasporto e all’interno della stessa modalità. Per esempio sulla competizione tra gomma e ferrovia presenteremo presto un dossier ». Ma con Ntv siete sempre ai ferri corti. «Ho sempre riconosciuto la qualità imprenditoriale di Ntv. Ovviamente c’è una competizione, anche aspra a tratti, ma ho sempre avuto grande rispetto. Ntv ci ha aiutato ad aumentare all’interno dell’azienda la percezione dell’urgenza del risanamento e del rilancio e poi, se riusciamo a competere bene con imprenditori così importanti vuol dire che anche noi non siamo così male». Alitalia è stata una delusione? «Non ci siamo mossi di nostra iniziativa, siamo stati sollecitati a valutare se c’era una possibilità di avviare un cammino insieme. La nostra valutazione è che la situazione di debito finanziario e commerciale di quella società è tale che per risolverla è difficile bastino solo gli strumenti ordinari». Lei è al suo quarto mandato, che obiettivi si è dato? «Continuare la riqualificazione imprenditoriale dell’azienda, consolidare l’Alta Velocità con l’arrivo dei 50 Freccia 1000, prestare grande attenzione al trasporto regionale e metropolitano, continuare l’europeizzazione nei servizi ferroviari passeggeri e merci e la globalizzazione nelle attività di consulenza e ingegneria. E, infine, di completare il cambiamento generazionale del gruppo dirigente, me compreso».

Fonte: Affari e Finanza del 9 dicembre 2013

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