Bill Gates: nel testamento lasciamo metà patrimonio alla collettività.
Quando, due anni fa, lasciò la guida di Microsoft a Steve Ballmer per dedicarsi a tempo pieno alla filantropia, Bill Gates ricevette molti elogi per il suo impegno a favore dei diseredati del mondo, per i molti miliardi investiti nella lotta alle malattie endemiche in Africa, e qualche occhiata ironica dai soliti scettici che vedevano nella sua iniziativa anche un modo di cambiare campo di gioco, visto che in quello della tecnologia informatica, ormai, non era più il leader assoluto. Quasi nessuno, però, all’ inizio aveva compreso il peso politico di una conversione che, combinata ora con la grave crisi del sistema-America, sta trasformando il fondatore di Microsoft nel promotore di grandi riforme in aree in cui governo federale e Stati dell’ Unione faticano ad agire per rigidità amministrative o per mancanza di fondi. Se all’ inizio le campagne per l’ informatizzazione della medicina e per l’ allentamento dei limiti all’ immigrazione in modo da aprire le porte a un numero molto più elevato di «cervelli» scientifici potevano apparire battaglie giuste ma comunque fatte col «cappello» (interessato) del padrone di Microsoft, le iniziative più recenti puntano a cambiare radicalmente alcuni comportamenti sociali. Due su tutte: intanto i tentativi di elevare gli standard qualitativi della scuola Usa creando nuovi licei più piccoli e più curati (due miliardi di dollari già investiti) e, soprattutto, promuovendo la meritocrazia. Coi governi bloccati dalla mancanza di risorse e dai condizionamenti sindacali, sempre più spesso è l’ organizzazione di Gates a premiare anche con incentivi economici gli insegnanti che preparano meglio i loro studenti, laddove ciò è reso possibile da accordi con le amministrazioni locali e dalla «non belligeranza» delle «union». Potenzialmente ancor più «rivoluzionaria» l’ offensiva condotta da Bill (e dal suo compagno di imprese filantropiche, Warren Buffett) per convincere i miliardari americani a cedere alla collettività (subito o alla morte) almeno metà del loro patrimonio. Le cene in cui, da un anno e mezzo a questa parte, Gates discute coi super-ricchi d’ America – dal vecchio Rockefeller a George Soros, dal sindaco di New York, Michael Bloomberg, al fondatore della Cnn, Ted Turner – su come ricreare una sorta di imposta di successione (o una «patrimoniale») su base volontaria, sono diventate luoghi di discussione di nuove politiche di redistribuzione del reddito. In questo modo, tra l’ altro, Gates restituisce dignità a un tributo (successione) marginalizzato da Bush e addirittura azzerato quest’ anno in base a una norma voluta dall’ ex presidente. Nel 2011 l’ imposta tornerà, ma Obama è spaventato dall’ offensiva dei conservatori contro quella che definiscono la «tassa sulla morte». Gates e gli altri miliardari convinti che le loro ricchezze non debbano essere totalmente e automaticamente trasferite agli eredi lo aiutano a rompere l’ assedio.
I miliardari ripristinano la tassa di successione
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