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Feluche in preda alla crisi

Il ministro non nega di capire lo sciopero delle feluche, e nemmeno di provare una qualche solidarietà per la rabbia che si oppone alla sforbiciata che arriva con la legge finanziaria. E’ uno dei rari casi di «datore di lavoro» – pure parte in causa in quanto esponente del governo tagliatore -, che non si risente né con chi resta a casa, né con chi ha creato le condizioni per la protesta. «Il “cattivo” in questo caso è la crisi globale», assicura Franco Frattini nel giorno in cui gli ambasciatori si fermano, «dei tagli lineari della manovra chiesta e approvata dall’Europa», e ancora di «un rigore di cui non ci sarebbe stato bisogno in altre condizioni». Molto diplomatico, in effetti. Ma fa parte del suo mestiere.
Chi ha deciso che il personale della Farnesina dovesse astenersi da ogni prestazione non ha badato al calendario europeo che ieri proponeva una riunione del Consiglio affari generali, ovvero dei ventisette ministri degli Esteri. Non un normale incontro ad alto livello, bensì una sessione cruciale proprio perché di fine stagione, momento in cui si cercano di chiudere i dossier prima della pausa estiva. Frattini ha rischiato di arrivarci da solo, privo del supporto tecnico della Rappresentanza permanente presso l’Ue, il nucleo diplomatico che fa le veci del governo davanti alle istituzioni a dodici stelle. Lo sciopero, in rue du Marteau 9 a Bruxelles, è andato bene. Solo in due si sono presentati al consiglio, per di più «per garantire i servizi minimi, come negli ospedali», ha spiegato uno di loro.
Può essere simbolico che lo stop sia avvenuto proprio nel momento in cui ha trovato compimento il Seae, il Servizio estero europeo dell’alto rappresentante Cathy Ashton. L’Ue si dà il suo “ministero”, mette insieme risorse nazionali e comunitarie, crea nuove cariche e poteri, nella speranza di avere più peso sullo scacchiere internazionale. L’impianto è stato concepito con cura in modo che la forma sia più della sostanza, che sia uno strumento con più facciata che sostanza, in modo che le cancellerie nazionali non dovessero trasferire troppa sovranità a Bruxelles. La stessa scelta della baronessa inglese, una figura certo priva della necessaria esperienza, ha favorito il compromesso.
L’Unione sogna di parlare con una voce sola e con più autorevolezza, in futuro potrebbe anche riuscirci, ma ciò non vuol dire che gli stati vogliano rinunciare alle loro prerogative. Frattini s’è detto certo «la loro grande professionalità consentirà ai nostri diplomatici di continuare a servire il Paese con lo stesso livello di eccellenza». Auspicio legittimo e giustificato che, però, si sfalda quando si scopre che molte ambasciate non hanno neanche i soldi per le fotocopie. «Il taglio di questa finanziaria è di appena lo 0,1% – precisa il ministro -, cosa che però si unisce a decenni di riduzioni».
Non è un rompicapo solo italiano, anche in Francia c’è apprensione per l’indebolimento del Quai d’Orsay, la Farnesina dell’Esagono, per ragioni di contabilità nazionale. In fila sulla strada della riduzione dei bilanci diplomatici sono anche Olanda, Svezia e Bulgaria. Tuittavia la specie non è in via d’estinzione, non ancora. La banda Ashton cerca una decina di alti dirigenti e parecchi rappresentati per le sedi estere, e centinaia di altri. La domanda di feluche avrà un’impennata. L’Italia, ad esempio, vuole assumere il doppio dei 20-25 diplomatici che ingaggia ogni anno, proprio per sostituire chi andrà in Europa. Posti freschi e a costo zero, visto che lo stipendio di chi sale a Bruxelles sarà pagato il bilancio Ue. Può anche darsi che lla fine si risparmiarà qualcosa. Il Tesoro, per una volta, farà fatica a brontolare.

Fonte: La Stampa del 27 luglio 2010

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