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Crescita, l’Europa è immobile

Storica ma logica la decisione di dare più seggi nel board del FMI ai Bric.
Ha ragione Dominique Strauss-Kahn a definire “storica” la decisione presa dal Fondo Monetario di riformare la propria governance in modo tale da assegnare più seggi nel board e dare maggiore potere ai paesi emergenti – in particolare Cina, che diventa il terzo paese per diritti di voto, India, Brasile e Russia – a scapito dell’Europa. Storica ma logica, direi quasi inevitabile, la decisione di togliere al Vecchio Continente per dare ai cosiddetti Bric. Perché secondo le stime del Fondo stesso, la quota dell’area dell’euro nel pil mondiale, che nel 2000 era pari al 18%, a parità di potere d’acquisto nel 2015 scenderà al 13%, mentre nello stesso periodo la quota dei paesi emergenti asiatici passerà dal 15% al 29%. E questo non tanto a causa della crescita della popolazione, quanto soprattutto per l’aumento del pil per abitante, che arriverà nel 2015 al 20% di quello di Eurolandia, dall’8% che era dieci anni fa. Dunque, dopo la scomparsa del G5 e la marginalizzazione del G8 – troppo rispondenti agli equilibri pre-crisi mondiale – era necessario anche nell’Fmi prendere atto del trend dello sviluppo globale, che vede la Cina mantenere il tasso di crescita del 10% e l’India seguire a ruota con l’8,5%, mentre gli Usa faticano a tenere il passo del 2,5% (nel terzo trimestre +2%) e l’Europa a confermare le previsione del 2% a fine anno.
Ma non è la conferma di una realtà che ormai ci dovrebbe essere chiara a doverci spaventare. Semmai, è l’immobilismo europeo. Perché almeno gli Stati Uniti cercano di trovare la soluzione ai loro problemi. La decisione, anche questa storica, della Federal Reserve di immettere sul mercato nuova liquidità per 600 miliardi di dollari di qui fino al giugno 2011 dimostra come la politica monetaria di Bernanke sia irriducibile:tassi a zero,tanti soldi nel motore,un po’ di protezionismo strisciante grazie al dollaro basso che stimola l’export e frena l’import. Finora il tentativo di far ridecollare l’economia americana è riuscito solo molto parzialmente, come dimostrano i dati sempre allarmanti (9,6%) della disoccupazione. Ma è un risultato comunque migliore di quello conseguito dall’Europa, che ha meno crescita con più disoccupazione (10,1%).
Può darsi che abbia ragione il ministro delle Finanze tedesco Schäuble quando dice che non è così che si risolvono i problemi americani e dell’economia globale. Ma siamo così sicuri che, invece, siano paganti le “non scelte” europee – per lo più dovute a impotenza decisionale – o che lo sia la tendenza, che vedremo se sarà confermata nel Patto di stabilità revisionato, all’abbattimento a tutti i costi di deficit e debiti, anche a costo della mortificazione della crescita economica.
Ah, come sarebbe bello se in Italia se ne discutesse, anche senza nulla togliere alle escort!

Fonte: Il Messaggero del 7 novembre 2010

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