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Obama riparte dal Fronte russo

Finita sotto accusa al G20, l’ America riafferma la sua leadership indiscussa: quella militare.Avversari.A Lisbona il presidente americano ha ottenuto tutto quello che poteva raccogliere per cercare di convincere i suoi avversari politici L’ intesa con la Russia rilancia l’ immagine di Obama
Dimitri,la Nato e una bionda.Dopo il calvario del G20 di Seul, Obama torna dal vertice atlantico di Lisbona rinfrancato da alcuni successi: dalla strategia in Afghanistan al nuovo scudo antimissile per l’ Europa. Obama ha ottenuto il consenso, alla fine unanime, sul cambio di strategia dell’ Alleanza; l’ accordo di tutti i 48 Paesi impegnati in Afghanistan a continuare, pur in una situazione che si è fatta più difficile, la missione militare fino al 2014; l’ intesa che inaugura una nuova fase collaborazione della Russia con la Nato. Un accordo che lo stesso presidente Dmitri Medvedev ha definito «storico» (anche se ha usato toni meno enfatici del Segretario generale dell’ Alleanza atlantica, Rasmussen). È stata, infatti, aperta la strada alla partecipazione di Mosca allo scudo antimissile Nato (osteggiato fino a ieri perché considerato contrario agli interessi russi) mentre il Cremlino ha garantito un sostengo pieno e «allargato» all’ intervento militare occidentale in Afghanistan. Sotto processo Il contrasto tra i rovesci coreani e i confortanti risultati di Lisbona non deve sorprendere: a Seul era finita sotto processo un’ economia Usa ancora leader ma fortemente indebolita e che, con la crisi finanziaria globale nata a Wall Street, ha perso buona parte della sua credibilità. L’ America andata in scena a Lisbona, invece, è la superpotenza militare che manterrà ancora per decenni la sua leadership. Rientrato a Washington, già da domani Obama dovrà comunque fronteggiare di nuovo l’ ostilità dei repubblicani che – con gli occhi già alle presidenziali del 2012 – non vogliono concedergli alcun successo, nemmeno nel campo della sicurezza nazionale che, per la sua delicatezza, in genere viene gestito in una logica bipartisan. A Lisbona il presidente ha ottenuto tutto quello che poteva raccogliere per cercare di convincere i suoi avversari politici a non bloccare la ratifica del trattato Start 2: Nato e Russia hanno dichiarato che quell’ accordo per il disarmo nucleare è parte essenziale della nuova strategia di cooperazione nel campo della difesa. A un certo punto davanti alla stampa accreditata al vertice è comparsa, poi, una pattuglia di sei ministri degli Esteri, capitanati dalla biondissima Lene Espersen, capo della diplomazia della Danimarca, che hanno rivolto ai repubblicani Usa un appello pro ratifica. Il sospetto Inevitabile il sospetto dei giornalisti: «È la Casa Bianca che vi ha spinto a farvi avanti?». I sei ministri (di Ungheria, Bulgaria, Lituania, Norvegia e Lettonia, oltre che della Danimarca), tutti conservatori, hanno negato con vigore. Quello lituano ha raccontato di essere appena stato a Washington dove ha perorato la causa dello Start in un incontro con John McCain, mentre la Espersen ha detto di parlare ai repubblicani non solo come ministro, ma anche come segretario del partito conservatore danese, «fratello» del Grand Old Party americano. Che tutte queste spinte dall’ estero riescano a convincere un numero sufficiente di senatori repubblicani a votare il trattato (per la ratifica servono 67 «sì», i due terzi del Senato), non è affatto detto. Per adesso sono pochi quelli che (come McCain) si sono esposti e solo uno (Richard Lugar) ha assicurato che voterà comunque e in ogni momento la ratifica. A livello internazionale, però, l’ immagine di Obama viene «restaurata» da successi che non sarebbero stati conseguiti se l’ America non avesse recuperato la capacità di dialogo con gli europei persa negli anni dell’ unilateralismo di George Bush e se il presidente non avesse avuto il coraggio di azzerare i contrasti con la Russia, modificando il progetto di scudo antimissile (che inizialmente aveva il suo centro di gravità in Polonia) e ponendo un argine alle tensioni che avevano devastato i rapporti tra Mosca e la Nato dopo la crisi georgiana dell’ estate 2008. Nonostante l’ ottimismo di Rasmussen, tra Nato e Cremlino non è scoppiato all’ improvviso un idillio: a Lisbona Medvedev è stato attento a non ignorare i problemi irrisolti, dalle conseguenze dell’ intervento russo in Georgia allo stesso progetto dei missili antimissile sul quale, ha precisato, c’ è un nostro consenso di massima che andrà riconfermato quando saranno disponibili i piani operativi. Pieno appoggio Medvedev ha,però,dato un appoggio pieno sull’ Afghanistan (ampliamento dei corridoi di transito per le forze Nato e forniture di elicotteri russi a Kabul perché «vogliamo che questo divenga un Paese libero, moderno, indipendente») e ha parlato ugualmente di intesa «storica» sui missili per tre motivi: la rinuncia della Nato alle batterie di razzi e ai centri radar nella zona di Kaliningrad, le aperture di Obama sulla cui buona fede il leader russo ha deciso di scommettere, ma anche un ragionamento più pragmatico: «Se la Nato farà cose diverse da quelle promesse oggi, sarà inevitabile un’ altra corsa al riarmo. Con costi spaventosi che né noi né i Paesi dell’ Alleanza possiamo più permetterci».

Fonte: Corriere della Sera del 21 novembre 2010

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