I Tea Party rileggono il Thanksgiving ma la sinistra liberal non ci sta.
«Festa della solidarietà, del lavoro comune, della gratitudine celebrata con gli indiani che avevano accolto amichevolmente nel Nuovo mondo i pellegrini fuggiti dall’ Europa? Macché, il Thanksgiving commemora il trionfo del capitalismo: il coraggio dei “padri fondatori” che, abbandonato il loro iniziale collettivismo, compresero che solo la proprietà privata poteva creare ricchezza». Non c’ è festa più americana di quella del Ringraziamento: un giorno di concordia nel quale le famiglie si riuniscono e celebrano davanti al tradizionale tacchino il loro spirito nazionale, l’ orgoglio di appartenere a un Paese «speciale». È stato così anche ieri, ma quest’ anno, sull’ onda del trionfo elettorale dei conservatori, i «rivoluzionari» dei Tea Party hanno promosso una rilettura storica della festa introdotta nel 1621, un anno dopo l’ approdo a Plymouth (nell’ attuale Massachusetts) del «Mayflower», il primo vascello dei puritani fuggiti dall’ Inghilterra e dall’ Olanda. Fin qui le discussioni tra storici avevano riguardato il luogo nel quale pellerossa e coloni avevano tenuto il loro primo rito conciliatorio (Plymouth o più a sud, nella colonia di Jamestown, in Virginia?). Ora, però, i Tea Party danno forza a un’ altra tesi avanzata senza successo in passato: la molla che spinse i puritani a celebrare con gli indiani non fu la gratitudine ma l’ abbondanza, frutto della vittoria del capitalismo sull’ originario spirito socialista dei settler. Marx, ovviamente, non c’ entra: qui si parla del collettivismo dei coloni che nei primi accampamenti mettevano tutto il poco che avevano in comune. Coltivarono poco e male, fecero la fame e furono decimati dalle malattie finché il loro capo, William Bradford, decise di cambiare sistema, assegnando a ognuno un pezzo di terra. Fu la svolta: l’ agricoltura «privatizzata» funzionò a meraviglia, la produzione superò subito i bisogni dei coloni, lasciando cibo per festeggiare con gli indiani. Gli storici dissentono: Bradford cambiò sistema con successo, è vero, ma la sua decisione è del 1623, due anni dopo il primo Thanksgiving. E la sinistra liberal, fiutata l’ aria di politicizzazione del Ringraziamento, non è rimasta a guardare: «Questa – ha rilanciato – è la festa di un gruppo di immigrati disperati giunti tra gente che li ha accolti e aiutati anche se erano dei clandestini privi di documenti». La National Review, voce del conservatorismo tradizionale, cerca di mediare: «Il Ringraziamento è festa dell’ iniziale spirito comunitario di indiani e coloni, ma anche del mercato che funziona visto che, date a parte, Bradford ha lasciato pagine illuminanti sull’inefficienza del collettivismo».Gli americani che ieri hanno celebrato in famiglia hanno preferito lasciare fuori dalla porta l’ideologia,ma la politicizzazione è forse inevitabile per una festa che celebra lo spirito di un Paese che scivola verso la crisi di identità.
Lo scontro politico intorno al tacchino
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