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Banche, Basilea non basta senza l’aiuto dei governi

Sono passati tre anni e mezzo dall’inizio della grande crisi finanziaria e quasi due dal momento in cui parve prossima l’implosione dell’intero sistema. Il peggio è stato evitato; l’intermediazione e i mercati hanno ripreso a funzionare, sia pure a basso regime e in un ambiente di fragile incertezza. Si può confidare che la crisi abbia ispirato un’azione di riforma adeguata e essere certi che non si ripetano più vicende devastanti come quelle che abbiamo vissuto? Forse no. Manca ancora una base solida di conoscenze su cui fondare un nuovo paradigma di politica della moneta, del credito e della finanza in sostituzione di quello pigramente convenzionale del ventennio scorso, messo in mora dalla crisi.
Le regole dettate dal Comitato di Basilea sulla qualità e sulla quantità del capitale delle banche rappresentano un progresso importante, soprattutto dopo la benedizione politica ricevuta dal G20. Tuttavia, l’insegnamento principale della crisi è che la solidità patrimoniale delle singole banche è condizione necessaria, ma non sufficiente per la stabilità finanziaria a livello di sistema. Nei ricorrenti episodi di euforia finanziaria, il sistema genera esso stesso un’accumulazione di rischi, non percepita al momento, ma che si manifesta con esiti dirompenti quando il processo si interrompe. Non è ancora chiaro come si possano prevenire questi cicli sistemici del credito, dei bilanci degli intermediari e della valutazione dei rischi: non basta a tal fine la vigilanza microprudenziale, mentre non è agevole affidare alla politica monetaria un obiettivo di stabilità che si concili con quello tradizionale del controllo delle aspettative d’inflazione.
Si situano in questo ambito i problemi tuttora irrisolti di come intervenire sulle banche di massime dimensioni (troppo grandi perché se ne possa consentire il fallimento) e di come disciplinare la sconfinata zona grigia delle entità finanziarie non bancarie, sottratte ai regimi di Basilea. Per prevenire il collasso del sistema finanziario privato, le banche centrali hanno raddoppiato o triplicato i finanziamenti all’economia, concessi a costo infimo. L’azione di spegnimento dell’incendio fu benemerita; ma ora gli edifici salvati dalla distruzione sono rimasti inondati. Con tanta liquidità in circolazione, potrebbero riprodursi condizioni favorevoli a una nuova fase di boom del credito e dei prezzi delle attività.
Le banche centrali si trovano oggi a percorrere un sentiero assai stretto, fra lo scoglio della recessione e quello dell’instabilità: la politica monetaria torna ad essere un’arte. E’ anche banale dirlo: un ritmo più alto di crescita reale, non drogata dalla finanza, aiuterebbe a risolvere molti problemi. Ma il compito di favorire crescita stabile tocca ai governi e non alle banche centrali.

Fonte: Affari e Finanza del 20 dicembre 2010

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