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Obama:la crisi è stata brutale.Ma sul mercato Usa i disoccupati sono in calo

L’ America non può continuare a finanziarsi così aggressivamente mettendo un’ ipoteca sul futuro dei nostri figli John Boehner, speaker della Camera Il nuovo consigliere Dopo Larry Summers, il presidente chiama un altro consigliere della squadra di Clinton:Gene Sperling. Barack Obama prova a cavalcare i dati economici di una debole ripresa cercando di spingere gli imprenditori a rischiare di più, sfruttando anche gli sgravi fiscali offerti dal governo alle piccole aziende che assumono. Il Pil Usa sta tornando a crescere in misura significativa, ma il recupero dell’ occupazione è quasi impercettibile. Il presidente, però, punta su un dato di dicembre (più 103 mila posti di lavoro) leggermente migliore di quelli dei mesi precedenti per suonare la carica, usando come sfondo la «success story» della Thompson Creek – un’ industria di Landover, in Maryland, da lui visitata ieri – che produce finestre da alta efficienza energetica. Un’ azienda che l’ anno scorso è passata da 200 a 300 addetti sfruttando gli sgravi del governo per le imprese che assumono disoccupati e gli incentivi alle attività produttive che contribuiscono al risparmio energetico. Ma il capo della Federal Reserve, Ben Bernanke, pur sostenendo che il 2011 sarà un anno di ripresa significativa per l’ economia americana, si mostra molto più prudente della Casa Bianca: parlando ieri per la prima volta davanti al nuovo Congresso eletto nel novembre scorso – un ambiente certamente più ostile per il presidente della Banca centrale Usa, visto che molti repubblicani osteggiano la sua politica di quantitave easing – Bernanke ha ammesso che fin qui il quadro dell’ occupazione non ha mostrato grandi progressi ed ha avvertito che una vera normalizzazione non arriverà prima di 4-5 anni. Ma il presidente Usa non è disposto ad aspettare tanto: l’ America, abituata da sempre a crescere e a creare lavoro per tutti, non accetta gli elevati tassi di disoccupazione nei quali è sprofondata da due anni. E Obama dovrà affrontare tra 22 mesi il passaggio difficilissimo della rielezione alla Casa Bianca. Il bisogno disperato di riattivare la ripresa anche dal lato della creazione dei posti di lavoro l’ ha spinto a ristrutturare il suo team economico proprio in questa chiave. Proprio ieri, parlando della situazione economica davanti agli operai della Thompson Creek, il presidente ha presentato diversi nuovi esponenti della squadra con la quale vuole provare ad aggredire la disoccupazione. In particolare Gene Sperling (fin qui assistente del ministro del Tesoro, Tim Geithner), che prende il posto di Lawrence Summers come capo dei consiglieri economici della Casa Bianca. Per Sperling è un ritorno: aveva già ricoperto questo incarico durante la presidenza di Bill Clinton. Esattamente come Jacob Lew, tornato sulla poltrone di Direttore del Bilancio che fu sua negli anni 90. Ora ha avuto l’ incarico dopo il ritiro dalla «testa d’ uovo» democratica Peter Orszag che, dopo un anno e mezzo di superlavoro alla Casa Bianca, ha preferito andare a fare il superconsulente per il gruppo bancario Citigroup. Per nulla imbarazzato dal fatto di essere costretto sempre più spesso a circondarsi di «fedelissimi» di Bill e Hillary Clinton, Obama punta anzi sulla storia professionale di Sperling, sostenendo che il fatto che Gene è stato coprotagonista, negli anni Novanta, delle scelte che favorirono un grande periodo di sviluppo dell’ economia americana e il passaggio da un bilancio federale cronicamente deficitario a conti pubblici in attivo, fanno di lui l’ uomo giusto al posto giusto nel momento giusto. Ovviamente Obama è il primo a sapere che la congiuntura attuale è infinitamente più difficile di quella affrontata da Clinton 15 anni fa: ieri l’ ha definita «brutale», nell’ ennesimo, disperato tentativo di convincere gli americani che i risultati colti nell’ ultimo anno, per magri che possano apparire, rappresentando comunque un progresso enorme, visto che allontanano l’ America dal «buco nero» di quella che il presidente definisce «la più grave crisi economica della nostra esistenza». In effetti, a prima vista i numeri sono incoraggianti: più 103 mila posti di lavoro a dicembre (dopo i più 71 mila di novembre) e tasso di disoccupazione sceso dal 9,8 al 9,4%. Ma basta poco per scoprire che il calo dei disoccupati dipende semplicemente dal fatto che tra novembre e dicembre è calato di ben 260 mila unità il numero degli americani che hanno smesso di cercare attivamente un lavoro. Non perché non ne hanno bisogno ma perché disperano di trovarlo. Un dato certo non incoraggiante. Più positivo è il fatto che, anche se a velocità ridotta, la locomotiva americana si è messa in moto: l’ occupazione cresce ininterrottamente da 13 mesi e nel 2010 sono stati creati più di un milione di nuovi posti di lavoro: 94 mila al mese, in media. Un dato positivo in termini assoluti. Ma l’ America, che ha ancora un discreto livello di sviluppo demografico, ha bisogno di almeno 120 mila poti al mese solo per far fronte agli ingressi delle nuove leve nel mercato del lavoro. Insomma, ai ritmi attuali non si riesce nemmeno ad intaccare la massa degli 8 milioni di disoccupati prodotti dalla Grande Recessione scoppiata nel 2008.

Fonte: Corriere della Sera del 9 gennaio 2011

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