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Mr.Hu va a Washington.Prove di dialogo con gli Usa

Dallo yuan ai diritti umani, il 2010 è stato disastroso Incontro riservato Barack Obama ha voluto incontrare riservatamente per oltre un’ ora cinque dissidenti cinesi la cui identità non è stata rivelata La richiesta Il ministro del Tesoro Usa Geithner ha chiesto una più rapida rivalutazione dello yuan e l’ apertura della Cina alle imprese americane
“Non si può usare il bianco e il nero per descrivere le relazioni tra Usa e Cina. Non siamo amici né rivali. Sono successe cose buone e meno buone. Ma certamente oggi c’ è un clima di diffidenza; sfiducia da tutti e due i lati». Il «biglietto da visita» confezionato l’ altra sera da Hillary Clinton in un discorso pubblico non è dei più incoraggianti: il presidente cinese Hu Jintao arriva martedì sera a Washington per la sua attesissima missione di Stato in un clima molto diverso da quello che si respirava solo due anni fa, quando un Barack Obama appena insediato alla Casa Bianca parlava apertamente della sua volontà di instaurare una relazione speciale con la nuova superpotenza cinese. Traducevano allora gli analisti: Pechino vuole armonia e crescita, Washington ha bisogno della sponda asiatica per ricostruire la sua economia. Saremo governati dal G2, un bonario direttorio informale nel quale i due giganti si concentreranno su ciò che li unisce e lasceranno ai margini i fattori di divisione, a cominciare dai conflitti locali. Ma le cose hanno preso una piega assai diversa: il 2010 è stato un anno di duro confronto tra i due Paesi «e adesso» nota Elizabeth Economy, direttrice degli Studi Asiatici del Council on Foreign Relation, il più importante centro studi di politica internazionale degli Usa, «sedersi attorno a un tavolo e definire un sentiero comune per raggiungere obiettivi di pace e di stabilità economica è divenuto più difficile». Così la preparazione di un vertice di Washington che tutti definiscono cruciale è avvenuta in un clima estremamente franco e addirittura ruvido, senza le sottigliezze con le quali le diplomazie sono solite smussare gli angoli. Prima la visita del ministro della Difesa americano Bill Gates a Pechino coi cinesi che hanno rifiutato di riallacciare un canale di dialogo permanente tra i capi delle forze armate dei due Paesi e hanno fatto volare per la prima volta il loro nuovo caccia «invisibile» J-20 proprio mentre l’ uomo del Pentagono incontrava i generali dell’ esercito del popolo: una scelta dall’ indubbio significato simbolico condita da un dettaglio curioso e inquietante: il presidente Hu, quando ha incontrato Gates, è parso all’ oscuro del volo inaugurale. Semplice dissimulazione o manifestazione dell’ arroganza di una casta militare che la leadership politica cinese fatica a tenere a bada? Un altro passaggio cruciale della lunga vigilia del vertice è stato un discorso nel quale il ministro del Tesoro Tim Geithner è tornato a battere sulla necessità di una più rapida rivalutazione dello yuan e di un’ apertura della Cina alle imprese e alle tecnologie americane con toni che non si sentivano da tempo. Le fratture Infine la cruda analisi di Hillary Clinton che sembra preludere a una sortita altrettanto severa di Barack Obama. Il quale, oltre a parlare di Iran, di Corea del Nord, di yuan e di debito pubblico, metterà sul tavolo anche la questione dei diritti umani violati dal gigante asiatico. Mentre i suoi ministri preparavano l’ appuntamento di Washington con missioni e dichiarazioni pubbliche, infatti, il presidente americano giovedì scorso ha voluto incontrare riservatamente per oltre un’ ora cinque dissidenti cinesi la cui identità non è stata rivelata. A loro Obama ha chiesto soprattutto «in che modo l’ esercizio arbitrario del potere incide sulla vita di tutti i giorni dei cittadini». In passato Pechino ha reagito con molta durezza a questo tipo di «lezioni» impartite dall’ America. Obama si prenderà il rischio di uno scontro che potrebbe far fallire la visita? Secondo alcuni Hu Jintao, che l’ anno prossimo lascerà la presidenza e che, quindi, tiene molto al successo di una missione-chiave per la costruzione della sua eredità politica, potrebbe accettare un compromesso: riavviare il dialogo bilaterale sui diritti umani che Pechino ha deciso unilateralmente di troncare un anno fa. Comunque che Obama intenda fare sul serio su questo terreno lo ha confermato ieri la stessa Hillary Clinton che pure, in passato, era apparsa interessata soprattutto alle relazioni economiche tra i due Paesi e timorosa di lanciare offensive velleitarie sui diritti. Cos’ è accaduto per indurre gli Usa ad alzare tanto i toni? E dove porterà tutto questo? L’ orribile 2010 Tra risorgente nazionalismo dei militari e della parte più conservatrice del gruppo dirigente cinese ed errori di calcolo della diplomazia di Pechino, l’ anno appena concluso è stato disastroso per le relazioni tra i due Paesi. Le schermaglie sono iniziate a gennaio quando la Cina ha reagito rabbiosamente (chiudendo, tra l’ altro, il dialogo a livello militare) all’ incontro di Obama col Dalai Lama e alla concessione di aiuti militari Usa a Taiwan: due atti di routine largamente previsti. L’ «anno orribile» si è poi chiuso con la scelta cinese di lasciare in carcere Liu Xiaobo, il dissidente al quale è stato assegnato il Nobel per la Pace, e di impedire con la forza ad amici e parenti di assistere alla premiazione. In mezzo molti altri episodi, dai rifiuti ripetuti di cooperare con gli Usa ai vertici del G20 e del Fondo monetario sulle questioni del corretto funzionamento dei mercati valutari e del riequilibrio degli scambi commerciali, all’ atteggiamento aggressivo assunto nelle dispute territoriali con gli altri Paesi asiatici, dal Giappone (lo scontro su alcune isole contese) al Vietnam. Col risultato di spingere questi Paesi, impauriti dall’ espansionismo cinese, a chiedere agli Usa di alzare il profilo strategico della loro presenza sulla sponda asiatica del Pacifico. Democrazia e crisi economica Insomma, in un periodo di crisi e di fragilità finanziaria che rende l’ America più dipendente del solito dagli investimenti della Cina, primo sottoscrittore del suo debito pubblico, i passi falsi di Pechino hanno dato la possibilità al governo Usa di spostare in una certa misura il confronto su un terreno a esso più favorevole: quello geopolitico e militare. Qui la Cina, anche se si sta dotando di nuovi missili balistici, sperimenta aerei «stealth» e sta per mettere in mare la sua prima portaerei, è ancora una potenza regionale non in grado di tenere testa agli Usa. Che, secondo il direttore dell’ organizzazione umanitaria Human Rights Watch, Tom Malinowski, hanno deciso tornare a difendere con energia i principi di libertà e democrazia anche perché spaventati da una crisi economica che rischia di trasformare la Cina in un vero e proprio modello di sistema per molti Paesi emergenti o del Terzo mondo che fin qui avevano guardato soprattutto ai sistemi liberali anglosassoni. La crisi dell’ Europa, che rischia di naufragare sommersa dai suoi debiti e alla quale proprio la Cina sta offrendo una scialuppa di salvataggio fatta di decine di miliardi di dollari di titoli del Tesoro di Grecia, Spagna e Portogallo acquistati dal governo di Pechino, accentua queste preoccupazioni.

Fonte: Corriere della Sera del 16 gennaio 2011

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