Dalla riunione dellEurogruppo è chiaramente emerso che la Repubblica Federale e lOlanda nutrono perplessità nei confronti del Fondo salva Stati (come viene chiamato colloquialmente il Meccanismo Europeo per la Stabilità Finanziaria, in fase di gestazione- per era esiste solo una ciambella di sicurezza provvisoria utilizzata per dare una mano a Grecia ed Irlanda). In questo contesto pongono anche il freno sugli eurobonds (di cui il Governo italiano è uno dei maggiori promotori) e, di conseguenza, si riapre il dibattito sugli obiettivi e sulle modalità tecniche dello strumento.
Queste emissioni europee servono soltanto o principalmente al sollievo del debito sovrano di Stati delleurozona a rischio di insolvenza? Questo è linterrogativo che emerge da quanto appare su molti giornali in materia di eurobonds- strumenti, tra laltro, ancora particolarmente complessi perché listituto demissione è in fase di costruzione. Come illustrato su Avvenire del 7 dicembre, gli eurobonds non sono unidea affatto nuova: le prime proposte risalgono addirittura agli anni 60 ed 80. Stanno debuttando adesso sulla scia della crisi finanziaria, del forte indebitamento di molti Stati delleurozona (nellanno in corso i 17 della moneta unica dovranno emettere obbligazioni per 1.200 miliardi di euro unicamente per rifinanziare i loro debiti in essere) e dellesigenza, quindi, di impedire insolvenze che potrebbero rendere difficile proseguire nella strada dellintegrazione europea. In effetti, la crisi è stata il grimaldello per fare uscire gli eurobonds da una scatola di attrezzi economico-finanziari in cui, in vario modo, erano in gestazione da decenni.
Sarebbe errato ritenere che il loro obiettivo sia unicamente lingegneria finanziaria. Da un lato, dallHimalaya del debito si esce bene soltanto con la crescita della produzione e delloccupazione e con il miglioramento dei tenori di vita; negli anni 70, si è sperimentato come uscirne con una ventata dinflazione a due cifre con esiti che nessuno ha intenzione di replicare. Da un altro, nelle versioni precedenti, e nella stessa proposta Tremonti-Juncker allEurogruppo (ora al centro del dibattito), laccento non è principalmente sul sollievo dal fardello del debito ma soprattutto sul finanziamento dello sviluppo nelleurozona: gli eurobonds servirebbero sì a tamponare rischi di insolvenza ma soprattutto a fornire quella che in gergo viene chiamata fresh money (denaro fresco) per lo sviluppo. Gli effetti sul debito e sui pericoli dinsolvenza sono quelli che più attirano i media (più attenti al breve che al medio e lungo periodo). Sarebbe, invece, utile che il dibattito sugli eurobonds riguardasse i contenuti del modello di sviluppo delleurozona più esplicitamente di quanto non si stia facendo (né nei media né nei vertici).
Gli eurobonds? Sono uno strumento di sviluppo
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