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Obama guarda al centro per rilanciare l’America

«Serve un impegno bipartisan per l’ occupazione»
Una parola chiave: «competitività». Che va recuperata sostenendo le imprese e alleggerendo lo Stato, per «ridare un futuro all’ America». Un discorso per infondere fiducia al Paese, convincerlo che il peggio è passato, che la macchina che produce posti di lavoro si sta rimettendo in moto. Ma anche per ricollocare la sua presidenza al centro dello scacchiere politico, calando il sipario sulla prima parte del suo mandato, percepita da un gran numero di cittadini come troppo statalista e sbilanciata a sinistra. La nuova agenda del presidente non piacerà ai «liberal», ma è costruita su misura per recuperare il consenso degli elettori indipendenti e del mondo dell’ economia. Con un messaggio anche per i mercati: gli Usa smetteranno di correre verso l’ insolvenza. Barack Obama sta dando gli ultimi ritocchi al discorso sullo Stato dell’ Unione che pronuncerò domani sera (alle 9 ora di Washington, le tre di notte in Italia) davanti a un Congresso con molte meno facce democratiche di quelle che lo avevano accolto un anno fa. In mezzo c’ è stata la débâcle del voto di midterm che ha consegnato la Camera ai repubblicani e ha aperto per la prima volta le severe volte del Campidoglio alla rumorosa protesta della destra radicale dei Tea Party. Incassata a novembre quella che lui stesso definì «una batosta elettorale», Obama ha cambiato rotta con rapidità e con un energico pragmatismo che ha sorpreso amici e avversari: compromesso coi repubblicani su tasse e trattato nucleare Start, ricostruzione della sua squadra alla Casa Bianca puntando su personaggi noti per la loro moderazione, infine la scelta di un imprenditore repubblicano (il capo della General Electric, Jeffrey Immelt) per guidare il consiglio che proporrà al presidente i passi necessari per rilanciare produzione ed export. Grazie a queste mosse e all’ atteggiamento tenuto dopo l’ eccidio di Tucson – l’ immagine di un presidente che cerca di rassicurare e unificare l’ America – Obama ha già messo a segno un recupero di consensi nei sondaggi d’ opinione che due mesi fa nessuno, nemmeno i suoi consiglieri, aveva immaginato di vedere. Il discorso di domani gli offre un’ occasione straordinaria per consolidare il nuovo trend. È un’ opportunità che il presidente non può farsi sfuggire: un momento-cerniera tra la prima parte del mandato contrassegnata da alcuni errori e da un rapporto brusco coi repubblicani e una nuova fase di (faticosa) ripresa dell’ America con Obama che lancia la sua cavalcata verso la rielezione nel 2012. Come ogni anno, i giornali americani sono pieni di ipotesi e anticipazioni sul discorso del presidente. In realtà di «parole d’ ordine» dagli uffici di Jon Favreu, il capo delle «penne del presidente», non ne sono uscite. Ma che il tono sarà «centrista» e che gli argomenti principali saranno il lavoro e l’ economia si capisce già dal videomessaggio inviato venerdì sera da Obama ad Organizing for America, la centrale dei volontari che fanno proselitismo per lui. Come sempre il messaggio del presidente traccerà l’ agenda americana per l’ anno appena aperto. Ci sarà, quindi, spazio anche per la sicurezza, la lotta al terrorismo, la politica estera, il sacrificio dei soldati americani in Afghanistan, la Cina. Obama tenderà la mano ai repubblicani: consapevole che il loro obiettivo principale è quello di sconfiggerlo nel 2012, chiederà comunque collaborazione per evitare che un Congresso diviso porti il Paese alla paralisi. Prometterà di lavorare sempre per soluzioni di compromesso e inviterà i suoi avversari a mantenere la dialettica politica sui toni di maggiore civiltà registrati nelle ultime settimane. Ma, con l’ America ancora in ginocchio e la disoccupazione sempre elevata, sarà l’ economia a dominare. Obama prometterà nuove spese d’ investimento nelle energie alternative, nella scuola, nei trasporti e per l’ innovazione, ma dovrà affrontare seriamente anche la questione del debito pubblico: glielo impongono la pressione dei moderati, convinti che il governo sia andato troppo in là nell’ allargamento del deficit (i repubblicani hanno affidato al capo dei «rigoristi», Paul Ryan, il tradizionale «controdiscorso» col quale l’ opposizione risponde al messaggio presidenziale), ma anche l’ oggettiva delicatezza della situazione. Che Obama conosce bene. La Casa Bianca tace, ma gli «ex» parlano: Peter Orszag, fino a poco tempo fa suo direttore del Bilancio, ha scritto sul Financial Times che, se non corre subito ai ripari, il presidente rischia di ritrovarsi con una ripresa che deraglia per il peso del debito pubblico. E Christina Romer, fino a qualche mese fa capo dei consiglieri economici del Presidente, ha auspicato sul New York Times che Obama indichi subito la correzione di una rotta altrimenti destinata a portare entro pochi anni l’ America all’ insolvenza: «Bisogna agire, non possiamo diventare l’ Argentina del Ventunesimo secolo».

Fonte: Corriere Sera del 24 gennaio 2011

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