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Garanzie in cambio di rigore fiscale

Mai come adesso l’Unione Europea, di fronte alle rivolte nordafricane e all’irrisolta stagnazione dell’occupazione alla quale si sono aggiunti rischi inflazionistici, deve saper trovare una nuova più forte coesione per affrontare con successo i problemi di politica estera che è chiamata a fronteggiare, oltre che mettere al riparo l’euro dalla crisi di taluni debiti pubblici nell’euroarea. Questo secondo problema sembra aver trovato soluzione nella proposta che verrà sottoposta al Consiglio europeo dei Capi di Stato di metà marzo: offrire garanzie contro gli attacchi speculativi sotto forma di una trasformazione in via permanente del Fondo provvisorio di stabilizzazione deciso nel maggio 2010 in contropartita di un rafforzamento della disciplina fiscale di ciascun Paese caratterizzata da automatismi, ossia sottratta alle decisioni collettive dagli esiti sempre incerti e tardivi.
Dato che i rendimenti dei debiti pubblici europei continuano a presentare differenze marcate dei premi al rischio richiesti, significa che il mercato non ritiene sufficienti le decisioni finora prese a Bruxelles, nonostante le ripetute dichiarazioni contrarie rese dalle autorità. Poiché nessuno dei Paesi membri dell’Unione è in condizioni di fronteggiare da solo gli attacchi speculativi, né si sono delineate a livello internazionale soluzioni alternative, non resta che accettare la proposta insistentemente sostenuta dalla Germania, accantonando un problema che ci trasciniamo con alterne vicende da almeno tre anni. Questa decisione appare utile, forse indispensabile per fronteggiare i pericoli corsi dall’euro, ma non è risolutiva delle condizioni sottostanti alla debolezza istituzionale dell’euro. Esistono infatti problemi internazionali e problemi interni che rendono più complicato il quadro da affrontare e che vanno urgentemente affrontati.
Affinché lo scambio garanzie-rigore fiscale non aggravi la stagflazione in cui si dibatte l’Unione Europea occorre che i Capi di Stato decidano di accompagnarla con alcuni indispensabili provvedimenti di corredo.
1. Esplicitare un piano europeo da portare avanti a livello dei G20, scegliendo le opportune alleanze, per rimuovere i gravi difetti istituzionali del Sistema monetario internazionale, chiedendo di collocare i diritti speciali di prelievo al centro degli scambi, di depositare le riserve ufficiali presso il Fondo Monetario Internazionale, di includere negli accordi Wto di libero scambio la clausola della parità del regime di cambio praticato e di sottoporre i contratti “derivati” alle stesse regole dell’attività bancaria o finanziaria.
2. In attesa che si scelga il regime di cambio comune, dare istruzioni alla Banca Centrale Europea di praticare cambi “governati” per proteggere l’euro dalle variazioni delle parità monetarie non rispondenti alle condizioni reali (i c.d. “fondamentali”) dell’economia europea. Affinché siffatto provvedimento possa essere efficace, le conversioni in euro di dollari tenuti a riserva ufficiale non devono essere attuati sul mercato, ma direttamente concordati con la Bce.
3. Coordinare in modo più stretto e finalizzato le politiche economiche nazionali prendendo nuovamente in seria considerazione la volontà di procedere all’unificazione politica su basi federaliste.
Siffatti provvedimenti di corredo appaiono più importanti o, quanto meno, indispensabili per il successo delle regolamentazioni bancarie e finanziarie proposte in sede di G20; queste sottoporranno a inevitabili tensioni i mercati, rendendo ancora più difficile pervenire alla stabilità macro sistemica necessaria per dare continuità allo sviluppo o farlo rifiorire laddove langue, soprattutto a causa degli effetti depressivi che comportano per i settori più deboli dell’economia settoriale,territoriale e dimensionale.
Dal comunicato della recente riunione di Parigi dei Ministri delle Finanze e dei Banchieri centrali dei G20 questi problemi emergono, ma in modo sfumato, tipico delle dichiarazioni ufficiali: i partecipanti, tuttavia, non mostrano l’intenzione di volerli affrontare concretamente. Si rafforza pertanto l’esigenza che l’Unione Europea provveda a sistemare questi problemi innanzitutto al suo interno per influenzare le scelte globali nella giusta direzione.

Fonte: Il Messaggero del 28 febbraio 2011

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