La Nato dice che non si può prestabilire il finale del conflitto libico. La missione durerà il tempo che sarà necessario», spiega il viceammiraglio Rinaldo Veri, responsabile delle attività marittime dell’operazione Unified Protector.
E’ chiaro che il compromesso sulla Libia è un pateracchio privo di senso che serve solo a far stare in piedi la maggioranza, a permettere a Bossi di dire che lui tiene per le palle il governo e a non risolvere veramente i problemi del Paese?
Se non lo è, leggete. Cosa consigliata anche ai telespettatori di un importante telegiormale pubblico di prima serata che questa notizia non l’ha data.
Sino a quando, comandante? «La missione durerà il tempo che sarà necessario», replica fermo il viceammiraglio Rinaldo Veri, responsabile delle attività marittime delloperazione Unified Protector. Loffensiva Nato sulla Libia, è il messaggio che vola di bocca in bocca nel quartier generale di Evere, terminerà solo «quando i soldati di Gheddafi torneranno nelle loro caserme e smetteranno di minacciare i civili». Dopo cinquemila missioni e duemila bombardamenti, lAlleanza è accusata di non andare da nessuna parte. «Non mi pare che ci sia uno stallo – puntualizza Veri -. Diciamo che avanziamo ma con decisione».
Gli aeri decollano e il tempo passa. Non invano, giurano i capi militari. «Ogni giorno c’é qualcosa di positivo che succede e ci avviciniamo all’obiettivo finale», spiega Veri. Alla Nato le fonti ufficiali negano di seguire i dibattiti politici in seno agli stati membri del Patto, ma è chiaro che un occhio su Roma, e sul dibattito interno alla maggioranza sullimpegno militare nel Mediterraneo lo tengono tutti, chi più chi meno. La Lega ha convinto Berlusconi a fissare una deadline per limpegno dei nostri aerei in concerto con gli alleati. Forse è un buon compromesso politico, dicono a Bruxelles. Ma la verità è che nessuno sa predire quanto a lungo durerà ancora la guerra.
Veri è quasi sibillino e altro non può fare. A suo avviso lattuazione della risoluzione Onu numero 1973, compito che le potenze occidentali hanno affidato alla Nato, «è un lavoro che richiede pazienza e determinazione, ma dobbiamo continuarlo». Nei corridoi del quartier generale dellalleanza si sottolinea come il pieno coinvolgimento dellItalia nelloperazione Unified Protector è stato accolto con soddisfazione dagli altri partner. Un dietrofront romano sarebbe considerato una brutta notizia, ma certo non tale da pregiudicare il potenziale militare dellAlleanza. «I mezzi ci sono – spiega una fonte – Già altre capitali hanno scelto di sostenerci senza partecipare. E una questione che riguarda i governi nazionali».
LItalia, ha dichiarato ieri il ministro degli esteri Frattini, «cercherà con le organizzazioni internazionali, come la Nato, e con gli alleati, la fissazione di un termine» per loffensiva». Ci vorrà lolio della politica, visto che i militari dicono che non si può fare. Loro, a ben vedere, sono impegnati su parecchi fronti, devono anche vedersela con le critiche di chi legge nelluccisione del figlio di Gheddafi uno scivolone fuori dal mandato Onu. «Vorrei che fosse chiaro che non attacchiamo individui – ha garantito Veri -. e tutti i nostri target sono militari». Un portavoce nato si è rammaricato per la perdita di vite umane, anche se il ministro degli esteri inglese William Hague ha detto che i raid Nato contro i centri di comando di Muammar Gheddafi sono «perfettamente legittimi».
Cè però il problema dei miliziani che si nascondono in mezzo ai civili e proprio questo, dicono le fonti, rallenta lattività operativa. Stallo o non stallo, cresce la sensazione che Unified Protector abbia bisogno di risultati. Ne parleranno domani a Roma i membri del gruppo di contatto sulla Libia e a Bruxelles i generali del Comitato militare guidati dallammiraglio Di Paola.
Una guerra senza fine
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