• mercoledì , 27 Novembre 2024

“Occidente leadership indispensabile”

Obama a Westminster: Usa ed Europa mantengono il primato mondiale.
«Il mondo cambia, emergono nuove potenze. Ma chi pensa che l’ influenza dell’ Occidente sia in declino sbaglia». Il sistema nel quale viviamo, le libertà politiche ed economiche grazie alle quali sono cresciuti i Paesi emergenti «l’ abbiamo plasmato noi: Stati Uniti, Gran Bretagna e i nostri alleati. Lo sviluppo di Cina, India, Brasile è positivo per tutti: condivideranno con noi le responsabilità globali». Ma proteggere e far prosperare questo mondo è compito soprattutto di America ed Europa, quelli che l’ hanno costruito. «Non sarà facile. Far avanzare la democrazia non è mai facile» e «la primavera araba» avrà bisogno di anni per consolidare i suoi frutti. «Ma se non noi, chi?». Dopo un incontro col premier britannico Cameron al termine del quale i due leader hanno detto che in Libia si andrà avanti senza esitazioni, anche a costo di un’ «escalation», fino a stanare Gheddafi e a liberare il Paese dalla sua dittatura sanguinaria, Barack Obama ha sfruttato ieri l’ occasione storica del discorso davanti al Parlamento britannico riunito sotto la volta gotica di Westminster Hall per rivendicare la legittimità e la superiorità morale dell’ azione politica e militare dei Paesi dell’ area Nato. Per una volta il presidente americano è apparso emozionato e anche un po’ commosso, quando ha ricevuto un lunghissimo applauso alla fine del discorso pronunciato in questa millenaria cattedrale della democrazia anglosassone. Lui, il nipote di un keniota che lavorava come cuoco nell’ esercito britannico (come lui stesso ha ricordato) primo presidente americano al quale viene concesso l’ onore di parlare davanti ai due rami del Parlamento. Alla fine la baronessa Hayman, «speaker» della Camera dei Lord, l’ ha ringraziato per aver restituito, con le sue parole, una dimensione anche poetica a una politica troppo spesso basata su un freddo calcolo degli interessi. Un riconoscimento forse fin troppo caloroso (Obama viene in genere ammirato per la sua lucidità e criticato per la sua freddezza), ma certamente ieri il presidente si è sforzato più che in altre occasioni di andare fino alle radici della politica seguita dall’ America, rivendicandone la legittimità. Forse è stato spinto a farlo anche dall’ estrema durezza dell’ atteggiamento assunto nei confronti di Gheddafi: nessun disimpegno dell’ America, anzi avanti fino in fondo senza dargli fiato. Barack Obama è stato anche insolitamente esplicito nel riconoscere le difficoltà e gli errori del passato che giustificano «le diffidenze, la sfiducia nei nostri confronti di molti in Medio Oriente e in Nord Africa. Per anni ci hanno accusato di essere ipocriti» di appoggiare alcuni dittatori anziché favorire la diffusione di «quella democrazia della quale parlavamo con tanto entusiasmo. È vero – ha ammesso – ci siamo mossi a tutela dei nostri interessi nella regione, abbiamo combattuto il terrorismo e ci siamo difesi dai rischi di un blocco di rifornimenti energetici appoggiandoci a partner spesso tutt’ altro che perfetti». Ma è anche vero che nei momenti decisivi «ci siamo rifiutati di scegliere tra interessi e ideali, tra stabilità e democrazia». È questa la superiorità morale che rivendica Obama, quella che lo spinge a paragonare l’ aiuto ai ribelli di Bengasi allo sbarco del 1944 sulle spiagge della Normandia per liberare l’ Europa dal nazismo. E a chi, anche nel suo fronte politico, ha criticato l’ intervento umanitario in Libia, risponde che «sarebbe stato più facile passare oltre, accettare l’ idea che il rispetto della sovranità di una nazione impediva di intervenire per bloccare un massacro. Noi, però, siamo diversi. Difendiamo la causa della dignità umana con l’ umiltà di chi sa che non può imporre la democrazia dall’ esterno. Ma sentiamo anche il dovere di essere al fianco di chi si batte per la libertà». Proprio ieri il Pentagono ha reso noto che gli Usa stanno fornendo bombe e pezzi militari agli alleati. Nella notte raid Nato su Tripoli hanno causato «perdite umane e materiali». E dall’ Italia il premier Berlusconi dichiara che «secondo informazioni dei nostri servizi il figlio minore e tre nipotini di Gheddafi non sono morti» nei bombardamenti del 30 aprile. Completata la visita di Stato a Londra dove ha rinsaldato l’ alleanza con Cameron scossa da incidenti di percorso in Libia e Afghanistan («in ogni rapporto c’ è qualche piccolo problema») e reso simbolicamente omaggio ai militari dei due Paesi con un barbecue nel quale lui e Cameron hanno lavorato alla griglia servendo chi ha servito il suo Paese con sacrifico, Obama è partito per il G8 di Deauville. Dove da oggi si parlerà di come sostenere la «primavera araba» anche con un piano di aiuti economici.

Fonte: Corriere della Sera del 26 maggio 2011

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