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Tensioni greche con Obama

Corto circuito sulla dichiarazione finale di Deauville. Poi nelle conclusione del vertice che si chiude,ognuno prende le sue responsabilità
.Da una parte la delegazione a stelle e strisce, dall’altra quella con le dodici stelle, in mezzo la bomba del debito greco. Risultato: corto circuito sulle responsabilità della crisi e la sua gestione, braccio di ferro sul comunicato finale del G8 e armistizio conclusivo da vecchi amici, cosa che all’inizio poteva anche non sembrare ovvia. Alla vigilia del summit che ha portato gli Otto sino a Deauville, in Normandia, gli americani hanno chiesto agli europei una loro dichiarazione su Atene, con gli impegni del caso per stabilità e interventi. La risposta è stata “no”. «E’ un problema di tutti – hanno detto gli sherpa del vecchio continente – e insieme va risolta». I negoziatori di Obama, alla fine, hanno ritirato la proposta.
«Non si è parlato espressamente di Grecia nella colazione sull’economia globale», ha spiegato una fonte diplomatica raccontando la prima giornata del vertice dei Grandi inauguratosi a Deauville, e tuttavia il tema della stato «sullo sfondo nel corso del dibattito sollevato da Obama sulla volatilità dei cambi». Le notizie dai mercati confermano che non poteva essere altrimenti. Ieri l’euro è stato messo ancora in croce dal notiziario sull’odissea finanziaria che ha come protagonista Atene. E’ questo che preoccupa l’America e provoca tensioni con gli europei. Più scende la moneta unica (ha sfondato l’1,41 col dollaro), più sale il biglietto verde, certo non una buona notizia per un paese che ha puntato le sue chance di ripresa sul rilancio dell’export.
Washington ha cercato di spostare il peso delle responsabilità sugli europei, come aveva fatto un anno fa ai tempi del salvataggio greco. Bruxelles ha ribattuto che farà la sua parte e ha chiesto che l’impegno sia collettivo. Il presidente del Consiglio Herman Van Rompuy, e quello della Commissione José Manuel Barroso, hanno espresso all’unisono «la fiducia sul fatto che il governo Papandreou prenderà tutte le misure necessarie per centrare gli obiettivi di bilancio prefissi». Non solo. Alla voce «possibile ristrutturazione» del passivo storico, hanno aggiunto un secco «faremo tutto il possibile per evitare che fallisca».
E’ una linea, questa, che ora sposano pure i tedeschi. Il ministro delle finanze Wolfgang Schauble ha ammesso ieri che una ristrutturazione greca sarebbe un salto nel buio, sarebbe uno «che comporta rischi elevati e fortemente incerti». Devono aver fatto i conti, a Berlino. Certo li ha fatti Van Rompuy, che rivendica la qualità dell’azione a sostegno dei paesi che si sono trovati in crisi e quella dei meccanismo di sicurezza per la stabilità dell’Eurozona. Dal G8 si aspettava sopratutto cooperazione. «Non siamo venuti qui per elaborare soluzioni per la Grecia o a negoziare qualcosa. E neppure a prendere lezioni».
Il dibattito «approfondito» chiesto dagli Usa è finito per ruotare intorno alle prospettive delle valute, anche se fonti diplomatiche francesi hanno cercato di smorzare la vicenda, negando che si sia entrati nel vivo della questione. le conclusioni del summit recitano che i capi di stato e di governo del G8 considerano cruciale «stimolare l’occupazione e garantire una crescita forte, sostenibile ed equilibrata». E poi sottolineano la pace diplomatico economica come cosa fatta.
I Paesi del G8,si legge, sono “determinati a prendere tutte le azioni necessarie, collettive o individuali, per affrontare le attuali sfide. Pio c’è una dichirazione europa e una americana, mano della mnao,come volevano i nostri.
“L’Europa ha adotta un ampio pacchetto di misure per affrontare la crisi dei debiti sovrani di alcuni paesi. Continuerà a affrontare la situazione con determinazione e a perseguire un rigoroso consolidamento fiscale in parallelo alla riforme strtturali destinate a sostenere la crescita”.
“Gli Stati Uniti realizeranno una chiara e credibile corince di consolidamento fiscale di medio-lungo termine”.
Uno a uno, insomma. Come è giusto che sia.
Il futuro passa per la Grecia, variabile impazzita. Il presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, ha ricordato che «il Fmi può concedere un finanziamento solo a fronte di garanzie su un periodo non inferiore ai 12 mesi» e espresso il timore che «che si arriverà alla conclusione che queste garanzie non ci sono». Il senso del messaggio e che la prossima tranche di prestiti del Fondo ad Atene, 4 miliardi, potrebbe saltare. Pessimo presagio? Eccone un altro. Il premier olandese Mark Rutte ha detto che aiuterà Atene a patto che offra dei beni statali come garanzia.
I leader del G8 cercano di consolarsi con la ripresa globale che – recita la bozza delle conclusioni del vertice che finisce oggi – «sta acquistando vigore e maggiore autonomia». Il problema è che «permangono rischi» a partire dai prezzi delle materie prime e della loro «eccessiva volatilità, che potrebbero remare gravemente contro». Nel gran finale i Grandi ribadiscono che occorre imbrigliare i bilanci. Non dicono nulla di Grecia, non hanno soluzioni e non vogliono mostrarsi divisi. I numeri di Atene e le paure che generano, oltretutto, parlano da soli.

Fonte: La Stampa del 27 maggio 2011

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