Nella giornata di ieri, mentre la politica italiana era nel caos della manovra fiscale ed era impigliata tra scandali di varia natura e colore, il Parlamento di Madrid ha approvato l’introduzione nella Costituzione del pareggio di bilancio. Dalla fine del regime franchista era solo la seconda modifica della Costituzione della Spagna democratica, non quindi una decisione facile o di routine. Per la prima volta ieri i rendimenti dei titoli decennali spagnoli sono scesi sensibilmente sotto quelli italiani (5,10% contro 5,25%).
Ci sono molte e gravi ragioni per le quali l’instabilità finanziaria colpisce tutto il mondo. Ma ce n’è una speciale e tutta italiana che ci affligge sempre un po’ più degli altri: l’incapacità di agire politicamente con serietà e tempestività. La disoccupazione spagnola è più che doppia di quella italiana, ma i mercati oggi si fidano più di Madrid che di Roma. Tra i costi della politica, la scarsa credibilità è materialmente il più alto.
Sono già passati quasi due mesi da quando i mercati hanno messo in dubbio per la prima volta la sostenibilità del debito italiano. La motivazione era la cattiva qualità della prima manovra di bilancio, il cui onere era interamente spostato alla prossima legislatura. Quelle che i mercati esprimevano erano critiche sul “timing” e sulla serietà dell’impegno del Governo. I due mesi successivi non hanno disperso i dubbi. Solo l’intervento della Bce ha frenato la fuga dai titoli pubblici, ma ci sono dei limiti anche a una tale rete di sicurezza. Il fatto che la Borsa italiana continui a scendere più delle altre dipende dal fatto che la sfiducia si estende dal debito pubblico alle banche italiane e da queste all’intera economia.
È un meccanismo che ha funzionato perversamente già in Grecia e Irlanda. Ora, grazie ai provvedimenti europei di politica finanziaria, le banche possono recuperare liquidità, ma questo non basta a sostenere l’economia. La calma portata dalla Bce resta cioè una calma di superficie, i mercati restano nervosi e quello che ci dicono dell’Italia è che una crisi di fiducia è sempre possibile finché non c’è chiarezza sui conti pubblici e sulle prospettive dell’economia.
I 16 miliardi di euro investiti questa settimana in titoli italiani e spagnoli dimostrano che la Bce sta ancora intervenendo. È molto probabile che continui a farlo in attesa che il Fondo di stabilità finanziaria (Efsf) assuma in parte il suo ruolo. Ma il programma di acquisto di titoli della Bce ha già superato i 115 miliardi di euro. Se si sommano i collaterali ottenuti in garanzia, il portafoglio della Bce ha oltre 200 miliardi di titoli che il mercato giudica rischiosi.
Sarà proprio il destino dei titoli italiani a determinare se il bilancio della Bce peggiorerà ancora – condizionando la sua capacità di agire e la sua indipendenza – facendo scattare una reazione da parte degli altri Paesi dell’euro area. In questo senso la Bce potrà salvare l’Italia solo se l’Italia salverà se stessa. E Trichet ha spiegato chiaramente che la Bce non ha apprezzato l’incertezza sui saldi della manovra italiana.
Non è necessario spendere molte parole sulla confusione creata dalle proposte avanzate e ritirate giorno dopo giorno. Quello che colpisce è che non solo si avverte poca capacità di orientamento da parte del presidente del Consiglio, ma manca anche la capacità di mediazione e di coordinamento dentro la coalizione di Governo.
In particolare in materia di risanamento economico, il coordinamento difficilmente può vivere senza orientamento. Quando avviene, significa che le dinamiche di potere tra le diverse anime dell’esecutivo assumono più importanza del buon fine dell’azione di governo. In questo senso i dubbi o le richieste di chiarezza su “chi” governa, diventano il cuore del problema di “come” si governa.
Credibilità smarrita di fronte all’Europa
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