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Il ritardo che uccide

Gli stati recepiscono le direttive solo all’ultimo momento.Soffrono i topolini,le imprese e pure molti di noi.
Stamane Radio Uno Rai ha ripreso un pezzo che La Stampa, e Straneuropa, hanno pubblicato un anno fa per rendere conto delle nuove norme sulla vivisezione sugli animali a fini scientifici. La domanda finale è stata, “cosa è successo da allora?”.
Nulla, ovviamente. La direttiva va recepita entro il 2013 e alla Commissione non risulta che nessuno lo abbia fatto. Per i dodici milioni di animali che ogni anno fanno le cavie – a torto o a ragione – non è cambiato nulla. E’ una storiaccia, ma non la sola.
Viene da chiedersi come mai i governi dei Ventisette combattano spesso con risolutezza in favore o contro un provvedimento che passa all’esame del Consiglio dei ministri – sommo organo decisionale dell’Ue – e poi non diano seguito alla loro azione. Si comportano, insomma, come quei ragazzi che fanno i compiti delle vacanze l”ultimo giorno prima di torna a scuola in settembre.
C’è una direttiva, viene approvata. Magari anche col loro voto. Che problema c’è?
Invece no. L’Italia ha un sistema che si chiama legge comunitaria. E’ una sorta di tir normativo su cui vengono caricate tutte le norme dell’ultimo periodo, un provvedimento omnibus che spesso viene messo in piedi alla ben’e meglio (ricordate del succo di arancia senza arance che l’Italia non voleva e che stava recependo senza accorgersene?).
Può darsi che non ci siano alternative, ma certe cose andrebbero fatte subito, sopratutto nei casi in cui il governo italiano era favorevole. ha la maggioranza, lo mette ai voti e lo fa approvare.
(Nel caso specifico sia Frattini che la Brambilla si batterono per avere criteri più restrittivi per la difesa degli animali. Non andò come volevano, ma se solo si fossero battuti per farla recepire almeno avrebbero migliorato di qualche anticchia la situazione complessiva europea).
Alcune norme sono cruciali. Prendiamo quella sui pagamenti alle aziende. Una direttiva approvata dopo lunghe sofferenze del legislatore il 20 ottobre scorso prevede che entro il 2013 il tempo di saldo per i contratti debba essere al massimo di trenta giorni, con qualche eccezione e per le forniture del settore pubblico. in caso di ritardo scatta una multa dell’8 per cento.
Il vp della Commissione Antonio Tajani stima che i pagamenti bloccati in Italia pesano 60 miliardi euro. L’adozione della direttiva avrebbe l’effetto quasi immediato di una manovra. Eppure il parlamento non ci pensa nemmeno, i faccioni. Pensano che l’Europa possa attendere e non importa se milioni di topolini che soffrono o le migliaia di imprese che rischiano di chiudere vorrebbero che qualcuno facesse qualcosa per loro.

Fonte: La Stampa 8 settembre 2011

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