SI HA la netta impressione che una pericolosa atmosfera di giocoa somma zero, in cui si guadagna solo se l’ avversario perde, stia avvolgendo i protagonisti dei sistemi finanziari dello spazio euro-americano, il più apertoe integrato del mondo. Il comportamento di Jurgen Stark, che annuncia le proprie dimissioni dal direttorio della Bce venerdì scorso “a mercati aperti”, sembra essere ispirato a questa logica. Voleva con la sua azione fare veramente del male a quelli che stanno cercando di salvare l’ euro e ci è riuscito benissimo. Il marasma da lui innescato sui mercati venerdì ha avuto tutto il week end per nutrirsi delle voci più estreme, circolate tramite tutti i canali comunicativi. Estreme, ma credibili, vista l’ atmosfera che ormai da quasi due anni pervade la vita politica tedesca. Il calderone ha ribollito sabato e domenica ma solo ieri ha potuto ripercuotersi sui mercati. Quelli che non erano riusciti a giocare al ribasso o anche solo a vendere per difendersi da possibili futuri crolli, lo hanno fatto appena hanno riapertoi mercatie continuerannoa farlo nei prossimi giorni, incoraggiati da voci sempre più allarmanti che provengono non solo dalla Grecia, ma anche dalla Francia, le cui maggiori banche sono aggredite da una speculazione che ha improvvisamente scoperto quanto sono pesanti i loro portafogli di titoli di stato dei paesi del Sud dell’ euro. E dalla Germania, dove si dice si stia concretamente studiando un piano di salvataggio delle banche tedesche in peggiori condizioni (e non sono poche), da attivarsi se fallisce la Grecia e l’ euro si sfalda. Ma è tutto il settore della finanza transatlantica a soffrire. Il maggior quotidiano americano ha pubblicato due grafici abbastanza terrificanti, nei quali si raffigura l’ andamento di borsa delle azioni delle istituzioni finanziarie americane contenute nell’ indice SP500 e delle loro consorelle europee contenute nello SP350 di azioni europee. Si nota un parallelismo impressionante tra la caduta delle quotazioni di tali azioni nel 2008 e nel 2011 fino al 12 settembre, cioè ieri, e fino al 15 settembre, nel 2008, il giorno in cui fallì la Lehman Brothers. Il trauma indotto da quell’ avvenimento fu enorme. Le quotazioni, dopo il 15 settembre 2008, continuarono a precipitare. Succederà lo stesso anche quest’ anno? Basteranno le dimissioni di Stark e l’ allarmismo diffuso continuamente da fonti tedesche e americane a scatenare un trauma equivalente, innescando una insolvenza greca, indotta da un impennarsi radicale tra i differenziali dei titoli di stato dei paesi virtuosi e quelli indebitati dell’ euro, che trascini nel baratro l’ Italia e anche la Francia, per la pietra al collo che le loro maggiori banche si sono messa riempiendosi di titoli di stato europei ad alto rendimento e, fino a un anno fa, a basso rischio? È bene notare che le azioni delle maggiori banche americane sono cadute anche quest’ anno, quasi come nel 2008 e quasi quanto quelle europee. Se le banche europee hanno portafogli pieni di titoli di stato tutt’ a un tratto divenuti rischiosissimi, ne hanno parecchi, di tali titoli, anche molte grandi case finanziarie americane. In aggiunta, sul loro capo pende la spada di Damocle degli enormi risarcimenti che da loro si pretendono per le malefatte loro addebitate sui mutui subprime negli anni della bolla immobiliare. Ci sarebbe ben poco da festeggiare, anche a New York, per una insolvenza greca che innescasse quelle degli altri paesi del Sud d’ Europa e della Francia. Alle banche di tali paesi la finanza americana ha prestato molto, e ora cerca di riprendersi i soldi, naturalmente inducendo la illiquidità del mercato interbancario. Ma ben poco avranno da festeggiare anche i tedeschi. L’ 80% delle loro esportazioni va in Europa e le loro banche hanno grandi prestiti a quelle del Sud Europa. Eppure siaa Francoforte chea New York siè formato un robusto partito di fomentatori di disastri, votato ad attizzare il fuoco che persone ancora responsabili tentano di spegnere o almeno circoscrivere. Ma almeno a New York a tale partito parecchi si iscrivono per fare soldi speculando, mentre non si capisce il “tanto peggio tanto meglio” che sembra ispirare la compagine germanica alla quale appartengono Jurgen Stark, Axel Weber, Jens Weidman, per restare solo alla pattuglia dei monetaristi arrabbiati della Bundesbank. Nel 2008 il fondo fu toccato con la elezione di Obama, che quasi certamente coincise anche con la ripresa fenomenale dei mercati e dell’ economia mondiale nel 2009. Ma non fu questione di psicologia. La politica di gigantesca creazione di liquidità da parte della Fed fu il vero deus ex machina, le due manovre di “quantitative easing” condotte da Bernanke. Ora Obama ha chiesto 440 miliardi al Congresso per sgravi fiscali e lavori pubblici. Il marasma finanziario in Europa può rendere più probabile sia una nuova iniezione di liquidità da parte di Bernanke che l’ approvazione della manovra di Obama da parte di un Congresso ostile. Ci salveranno, ancora una volta, gli Stati Uniti?
Fonte: Repubblica del 13 settembre 2011Un gioco a somma zero
Settembre 13th, 2011
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L'autore: Marcello De Cecco - socio alla memoria
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