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Indignati e arrestati

Arriva a Bruxelles la marcia dei giovani per una politica più vicina alla gente.Spagnoli in testa, ma anche gente di ogni nazionalità. Bruxelles offre un tetto e nega il camping. Fermati in 48, non volevano lasciare il parco.
Jordi confessa di avere freddo e l’acqua dappertutto, ma questo non toglie nulla alla sua indignazione, «perché non ho un lavoro, né copertura sociale, né prospettiva di trovare un alloggio decente». E’ seduto sotto un albero del Parc Albert con un paio di spagnoli, qualche francese e un belga. Piove a dirotto. Aspetta gli altri, quelli che hanno lasciato Madrid e Barcellona a luglio per arrivare a Bruxelles a piedi e gridare all’Europa che «la politica s’è dimenticata della gente». «Saranno qui per le cinque», dice il giovane catalano che si è unito alla camminata il 13 settembre. E’ a quel punto che arriva una ragazza col telefono in mano. Molto seria. «Ho parlato coi coordinatori – sbuffa -.Dicono che abbiamo sbagliato parco!».
Gli Indignados hanno la forza della volontà, l’organizzazione verrà. Per molti di loro è stata una lunga marcia, oltre 1500 chilometri hanno consumato gli spagnoli, un’onda che si sta gonfiando lentamente. Ieri sera, nel Parco Elizabeth davanti alla Basilica del Sacro Cuore, c’era l’avanguardia iberica che la notte prima era a Louvain la Neuve. Quattrocento persone, contano i manifestanti. La polizia li ha marcati da vicino per tutto il giorno. Sino al confronto di mezzanotte che ha portato a 48 arresti. Quelli che non volevano lasciare il prato della Basilique.
«Sono qui per tutti», confessa Sebastian, pure lui catalano. Da quando hanno lasciato le esili rive del Manzanarre l’avvenire s’è oscurato ancora, la crisi economica si è acuita, il Fm ha detto di non escludere una recessione globale nel 2012 e i debiti sovrani si sono ulteriormente gonfiati. In compenso, altri Indignados hanno invaso New York, Atene, Roma. Occupy Wall Street ha colmato le colonne dei media più che «15M», il movimento nato il 15 maggio, la protesta della stellina gialla a otto punte che tutti hanno appuntata sul petto o sui cappelli già di lana. «Non mi sento usurpata – assicura Marìa Jusùs detta Chusa, che un lavoro ce l’ha, ma è venuta da Leòn per farsi sentire – E’ un segno che siamo tutti il 99%, la gente che vien governata da una classa dirigente che non si occupa d’altro se non di sé stessa».
«Walk on Brussels» è una saga destinata a durare tutta la settimana. Teo, indicato come organizzatore, annuncia che presenteranno all’Europarlamento un manifesto a cui un gruppo di economisti «lavora da cinque anni». Nel frattempo «faremo assemblea», promette Anna, riccioluta di Siviglia. Ieri sera la prima s’è tenuta per decidere dove passare la notte. Le autorità hanno negato il diritto di accamparsi nel Parc Elizabeth e hanno offerto ai podisti della politica di stazionare nella vicina Università Libera Fiamminga, «dove ci sono i servizi e si può stare al caldo».
Una rappresentate del municipio di Koekelberg, megafono alla mano, ha promesso di non interrompere le manifestazioni e, riferiscono gli Indignados, di «conservare la loro visibilità e la scelta di fare un’Agorà internazionale». A condizione che il Parco Elizabeth fosse occupato solo durante la giornata. Accordo fatto, a maggioranza. Alcuni sono rimasti. «Siamo liberi di farlo», gridavano. I reparti speciali sono arrivati copiosi e hanno portato via di peso chi non rinunciava al camping. Aria tesa. gas lacrimogeni in abbondanza. Uno ha alzato le mani: «Queste sono le nostre armi». Li hanno caicati su un furgone, diretti alla centrale di Polizia. Saranno liberati dopo un fermo di 12 ore.
Faranno in tempo a tornare all’Agorà in giornata, quando il forume entrerà nel vivo, «sfida globale contro l’ingiustizia e la precarietà che avanza». Maria, la ragazza che ha un lavoro ma protesta lo stesso, sostiene che «il problema non possono essere i soldi, perché i soldi ci sono». Noi siamo «fottuti», dice in un ottimo italiano, perché «c’è l’evasione fiscale – anche da voi, vero? – e perché la classe politica non mette il denaro per favore politiche vicine ai cittadini». «Non ci riconosciamo in questi politici – aggiunge Gale, francese – . Bisogna irrigare il terreno sociale come si fa per il terreno agricolo». L’obiettivo delle marce è tutto qua. Sorride stanco Jordi: «Non vedo l’ora di cominciare».

Fonte: La Stampa del 9 ottobre 2011

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