La crisi dell’euro modificherà tutti gli equilibri nel vecchio continente. La moneta unica resta, ma i governi cadono e la Germania trionfa. L’articolo dello storico scozzese sul Wall Street Journal è in cima alle classifiche di letture.
Come sarà l’Europa fra dieci anni, nel 2021? Sul Wall Street Journal, lo storico scozzese Niall Ferguson tenta una previsione che potrebbe apparire, di primo acchito, fantastica; ma che, ripensandoci un momento, rischia di non allontanarsi troppo da una prospettiva reale.
Questo il racconto di Ferguson. Dieci anni dopo la Grande crisi del 2011, che ha ottenuto gli «scalpi» di ben dieci governi europei (fra i quali il francese, l’italiano e lo spagnolo, alcune cose sono come prima, ma molto è cambiato. L’euro circola ancora in Europa, anche se si vedono raramente le banconote, e si paga quasi sempre con la moneta elettronica. Bruxelles non è più la capitale d’Europa: le istituzioni continentali sono state trasferite a Vienna dove la cancelliera Marsha Radetzky parla di un ritorno alla centralità dell’impero asburgico.
Nei Paesi periferici dell’ex Eurozona (ora infatti l’unione si chiama Stati Uniti d’Europa) la vita dei cittadini non è facile. In Grecia, Spagna, Portogallo e Italia la disoccupazione ha superato il 20%, ma la creazione di un nuovo sistema di federalismo fiscale consente un flusso sufficiente di fondi dal cuore dell’Europa alla periferia. Come accadeva ai cittadini tedeschi dell’Est, i sud-europei si sono abituati ad arrangiarsi, soprattutto nell’economia «grigia» : molti di essi sono diventati giardinieri, o cameriere, nelle seconde case che i tedeschi hanno comperato (per poco) al sole del Mediterraneo. Nella moneta unica hanno fatto il loro ingresso Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, Paesi dove si indirizzano gli investimenti tedeschi grazie al costo del lavoro molto basso. La Gran Bretagna è invece uscita dall’Unione europea. Il 60% dei cittadini del regno Unito ha voato per la separazione in un referendum. Liberata dai lacci di Bruxelles, l’Inghilterra è diventata il Paese preferito dagli investimenti esteri di Pechino, e i cinesi acquistano a man bassa costosissimi appartamenti a Chelsea e South Kensington.
L’Europa esiste ancora, ma è molto diversa da quella che immaginavano Konrad Adenauer e Robert Schumann. I primi Paesi colpiti dalla cirisi sul fronte politico sono stati Grecia e Italia. La crisi ha travolto i governi di Olanda, Slovacchia, Belgio, Irlanda, Finlandia, Portogallo e Slovenia. In Spagna, Zapatero si è dimesso in anticipo, aprendo la strada alla vittoria dei Popolari. L’ultimo a cadere è stato Sarkozy in Francia. L’euro si è dimostrato una «government-killing machine». Ma nessuno ha lasciato la zona euro, anche grazie alla Bce. Il nuovo presidente mario Draghi ha trasformato la banca centrale in un «prestatore di ultima istanza» per i governi. La mossa ha calmato i mercati finanziari ed ha restituito un po’ di fiducia nell’intero sistema finanziario europeo. L’euro si è dunque salvato, ed è stato un bene. Il prezzo politico è stato però elevatissimo: l’Europa germanocentrica è molto diversa da quella attuale. Probabilmente peggiore.
Fantasia spinta all’estremo? Ferguson, uno storico di successo che spazia dai libri (l’ultimo Civilization: the West and the rest è appena uscito) ai programmi televisivi per la BBC, è certamente portato all’eccesso. Ma è anche vero che il professore di Harvard è stato fra i primi, in grande anticipo su quasi tutti gli economisti, a prevedere e segnalare gli esiti catastrofici della crisi economica e finanziaria che ha preso il via nel 2007. In ogni caso, l’articolo pubblicato sulle pagine online del Wall Street Journal è da giorni in cima alla classifica dei più letti, in tutto il mondo.
Come sarà l’Eurozona fra dieci anni? La versione di Niall Ferguson
Commenti disabilitati.