• venerdì , 22 Novembre 2024

La Ue cambia pelle per salvare l’euro

I risultati del tour de force di vertici e negoziati tra i capi di Stato dell’eurozona sono stati ben accolti dai mercati, anche se nuove fasi di instabilità sono da attendersi appena emergeranno crepe nell’attuazione degli accordi. Gli analisti ritengono le decisioni insufficienti e si allarga il cerchio di quanti prevedono scenari di dissoluzione dell’euro o la sua separazione in una zona del nord virtuosa e una del sud inflazionista e dissoluta. È la prima questione da discutere. Ma ve n’è una seconda poco sottolineata nei commenti, che riguarda le rilevanti modifiche della governance europea delineate dai capi di governo. La crisi sta cambiando l’Unione in maniera irreversibile: l’eurozona emerge sempre più distintamente come area di cooperazione rafforzata per le politiche economiche svuotando la vecchia pelle dell’Ue. Già si annuncia la revisione del Trattato. Può darsi che stia qui la speranza di un futuro meno nero per l’euro; forse è questo che i mercati vedono e i dotti analisti invece no. Per stabilizzare i mercati, i capi di governo dell’eurozona hanno deciso misure di sostegno alla Grecia e di ricapitalizzazione del sistema bancario (queste confermate dal Consiglio europeo dunque valide per tutta l’Unione), nonché il rafforzamento della capacità d’intervento del Fondo Salva Stati. In tutti e tre casi, il contenuto specifico degli interventi dovrà essere ulteriormente precisato. La Grecia. Piace ai mercati la promessa riduzione del rapporto tra il debito pubblico e il Pil al 120%, rispetto al rischio precedente di un default disordinato in una situazione chiaramente insostenibile. L’haircut del 50% sul debito in pancia alle banche, stimato in circa 200 miliardi di euro, era già stato scontato dal mercato; la buona novità ulteriore è che queste perdite sono ora riconosciute e non minacciano la solvibilità delle grandi banche europee. I fondi disponibili per coprire le perdite delle banche greche sono aumentati a 30 miliardi. L’incertezza principale riguarda le modalità del contributo del settore privato, che già punta a risparmiare con giochetti tecnici. Inoltre, nuovi interventi di riduzione del debito non possono essere esclusi. In ogni caso, le decisioni implicano che la Grecia resta nell’euro; uno scenario di uscite successive con crisi di crescente impatto è (per ora) scongiurato. Gli economisti di Chicago dovranno attendere.
Le banche. L’aumento del requisito di capitale Core Tier One dal 7 al 9% è più un segnale che un solido rafforzamento, valendo poco più di cento miliardi, ovvero il 56 per cento del capitale aggregato attuale delle banche coinvolte (pur sapendo che per qualche banca l’onere sarà maggiore). Si tratta di somme assorbibili senza traumi dalle banche europee, in larga parte senza nuovi collocamenti di azioni (che si stima non supereranno il quarto della somma annunciata). Ulteriore buona notizia per il mercato è che i maggiori requisiti di capitale tengono conto pieno delle perdite sui titoli governativi, incluso l’aggiustamento ai prezzi di mercato dei titoli italiani e spagnoli. Sono state anche annunciate nuove garanzie per il funding a termine delle banche, questa volta in maniera coordinata tra gli stati membri (nel 2008 ognuno fece a modo suo, con effetti non proprio positivi sul ‘livellamento del campo di gioco’). I regolatori dovranno anche vigilare affinché le banche non restringano (troppo) il credito per il soddisfacimento dei nuovi requisiti di capitale: ma qui non c’è troppo da illudersi.
Fondo Salva Stati. La vera novità riguarda l’annuncio che il Fondo potrà fare leva sulle sue risorse, in varie forme, fino a quattro o cinque volte: dunque, le munizioni disponibili possono superare il trilione (mille miliardi) di euro, pur senza chiedere altri soldi agli stati membri. E’ caduto qui un tabù importante. Sulle forme tecniche che possono includere garanzie sugli acquisti di titoli sovrani e raccolta di fondi sul mercato attraverso speciali ‘veicoli’ creati dal Fondo si vedrà più avanti. Sugli interventi della Bce non è stato deciso nulla. Molti economisti si disperano, perché avrebbero voluto una linea di credito illimitata della Bce al Fondo Salva Stati o, altrimenti, l’annuncio della sua illimitata disponibilità a sostenere i titoli di stato. Tuttavia, ricordo che lo statuto della Bce non preclude tali interventi; intanto, anche i tedeschi hanno capito i rischi che possono derivare da un braccino troppo corto.
Veniamo ai cambiamenti istituzionali. Chi vuol perdere un po’ di tempo per capire meglio, guardi il comunicato dell’eurosummit: più della metà del testo e un corposo annesso sono dedicati alla governance economica. I capi di Stato dell’eurozona, utilizzando l’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, si costituiscono in istituzione permanente, gerarchicamente sovraordinata all’Eurogruppo (i ministri delle finanze), con un presidente permanente nominato a maggioranza (il primo è Van Rompuy) e una struttura tecnica di supporto (euro working group che si costituirà come struttura permanente a Bruxelles); si riunirà almeno due volte l’anno dopo le riunioni del Consiglio europeo, il che ne sottolinea l’indipendenza. I presidente dell’eurosummit, della Commissione e dell’eurogruppo si riuniranno mensilmente per valutare lo stato di attuazione delle politiche comuni; possono invitare a partecipare il presidente della Bce e occasionalmente i capi delle nuove autorità di regolazione dei mercati. La Commissione viene coinvolta ma non nelle funzioni tradizionali di iniziativa indipendente, piuttosto come supporto tecnico al servizio dell’eurosummit. E’ nato il governo dell’eurozona; se vota a maggioranza, non è intergovernativo.
Sopravviverà l’euro? Se non riusciamo a innalzare stabilmente il tasso di crescita delle nostre economie con incisive riforme strutturali, i dubbi non si dissolveranno. Continuerà a pesare il cammino delle riforme strutturali concordate dal governo italiano, perché il nostro debito pubblico viene ormai percepito come la principale minaccia per la stabilità dell’eurozona. Ma intanto, passo dopo passo, con tedesca lentezza, ma anche solidità, stanno nascendo nuove istituzioni e nuove politiche che possono salvare la partita.

Fonte: Affari e Finanza del 31 ottobre 2011

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