Il caos in Grecia ha innescato la miccia, ma la strage sulle piazze europee è stata provocata soprattutto dalla crescente sfiducia nella capacità dell’Italia di mantenere i propri impegni. E adesso la spirale rischia di travolgerci.
Ci mancava la decisione a sorpresa del governo greco: indire un referendum per ottenere il via libera degli elettori al piano di salvataggio approvato dall’Unione europea. Una mossa che non è piaciuta agli operatori dei mercati finanziari, preoccupati che un “no” possa far fallire un insieme di misure faticosamente concordate da governi, organismi internazionali e banche.
E così sui mercati finanziari la giornata di martedì è stata caratterizzata da una pioggia di vendite che ha coinvolto titoli di Stato e azioni. A cominciare da quelli italiani. I rendimenti dei Btp a dieci anni si sono spinti fino al 6,3 per cento, il differenziale rispetto ai Bund tedeschi ha toccato i 440 punti base (4,4 per cento), un livello mai raggiunto in precedenza.
La Borsa ha chiuso a -6,8 per cento penalizzando soprattutto le banche che detengono quantità rilevanti di titolo di Stato e saranno costrette dall’Eba, il supervisore dell’Unione europea a raccogliere nuovi capitali per far fronte a possibili perdite.
Una strage. Che non può essere spiegata solo dalla decisione greca. Sullo sfondo c’è una diffusa sfiducia nella capacità dell’Italia di mantenere i propri impegni.
Eppure due manovre approvate in fretta e furia quest’estate (per un totale di 64 miliardi di euro l’anno a regime tra tagli di spesa e, soprattutto, aumenti di imposte) e una lettera di intenti benedetta dalle autorità europee avrebbero dovuto garantire la benevolenza dei mercati. Che fino al giugno scorso, con una finanza pubblica in condizioni peggiori di quelle attuali, si accontentavano di un premio poco superiore ai 100 punti base rispetto ai titoli tedeschi.
E allora che cosa è successo? Perché gli impegni non sono giudicati convincenti? Perché il passaggio dalla fase degli impegni a quella delle realizzazioni è troppo macchinosa e troppo condizionata dalle mediazioni politiche.
Persino quando l’Unione europea, o meglio il duo composto da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, ha costretto Silvio Berlusconi, in una situazione di drammatica emergenza, a scrivere in tre giorni la famosa lettera di intenti il leader della Lega Umberto Bossi si è messo di traverso e ha ottenuto che le pensioni di anzianità non fossero toccate. Sebbene fossero uno dei punti più importanti per riportare in equilibrio il bilancio pubblico.
E poi tutti i proclami di quest’estate sulla riduzione dei costi della politica sono rimasti sulla carta: con uno stratagemma dopo l’altro il taglio delle province, la riduzione del numero dei parlamentari, la semplificazione delle amministrazioni locali sono stati rimessi in archivio.
Altri passaggi rimangono incompiuti. Per esempio, la delega per la riforma fiscale, che vale ben 20 miliardi nel 2014, è avvolta nel mistero. E i mercati come reagiscono? Vendendo. Così i prezzi dei titoli scendono, i rendimenti aumentano e la spesa per interessi dello Stato pure. In una spirale che rischia di travolgerci.
Perchè sta crollando tutto
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